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Il processo alla mafia di Messina, in 26 alla sbarra con rito ordinario

Tribunale di Messina

Il procedimento per i riti ordinari dell’operazione “Beta” si sta svolgendo davanti alla prima sezione penale del tribunale presieduta dal giudice Silvana Grasso. Lo scorso ottobre, in primo grado, si sono già registrate invece per i giudizi abbreviati ben diciannove condanne, alcune anche molto pesanti. Con la prima importante certificazione giudiziaria dell’esistenza della “cupola” mafiosa a Messina, capeggiata dalla famiglia dei Romeo e strettamente collegata al gruppo catanese dei Santapaola-Ercolano, anche per vincolo familiare diretto.

La “Beta” è una delle più importanti inchieste degli ultimi anni per le collusioni tra mafia, imprenditoria e politica in città, autentica cartina al tornasole di quel “mondo di mezzo” tra mafiosi, affaristi, intrallazzatori e funzionari pubblici.

In questo troncone dei giudizi ordinari sono imputati in 26. Tra loro sono coinvolti per concorso esterno all’associazione mafiosa anche l’imprenditore Carlo Borella, ex presidente dei costruttori di Messina, e l’avvocato Andrea Lo Castro. Nell’inchiesta sono coinvolti anche, per corruzione, il tecnico comunale di Messina, l’ing. Raffaele Cucinotta, e l’imprenditore Rosario Cappuccio, per estorsione.

L’indagine, condotta dai carabinieri del Ros e coordinata a suo tempo dal procuratore aggiunto Sebastiano Ardita, è sfociata, nell’estate del 2017, nell’arresto di 30 persone. La contestazione accusatoria principale parla di uno “scopo societario”, ovvero: «assumere il controllo di servizi di interesse pubblico (quali quello per la consegna a domicilio di parafarmacie per la distribuzione dei farmaci), di autorizzazioni e concessioni (per l’esercizio dei giochi), per condizionare l’andamento di pubbliche forniture (quali quelle legate all’acquisto da parte del Comune di Messina di immobili da adibire ad alloggi), per assumere il controllo e l’esecuzione di pubblici appalti».

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