
Un reparto d’ospedale, una serie di personaggi senza nome, tanti pensieri che sembrano perdersi nell’aria e, all’orizzonte, la possibilità di vivere forse in modo diverso. In sala con Bim Distribuzione dal 27 marzo scorso, «Nonostante», opera seconda dell’attore Valerio Mastandrea dopo l’acclamato «Ride», e film d’apertura della sezione Orizzonti all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, non si può racchiudere in una formula di genere. Non il classico medical drama, ma una narrazione sul filo della metafora che racconta la vita, e lo fa in modo insolito, attraverso la riflessione sul coma, condizione limbica di congelamento momentaneo dell’esistenza, fortemente evocativa di certi stati d’immobilità subita o inconsapevolmente cercata dall’essere umano per difendersi dagli urti del vivere.
Un tempo sospeso che potrebbe risultare anche comodo, libero da impegni e responsabilità, ma di cui il regista romano – ieri a Messina con Cineforum Don Orione e Cinema Lux per un incontro sold out col pubblico – propone una lettura singolare. Una prova coraggiosa, non solo per la tematica di fondo, ma anche per la modalità di rappresentazione, con stile sobrio e una sottile ironia a rendere tutto terribilmente serio.
La trama ruota attorno a un uomo senza nome, interpretato dallo stesso Mastandrea, che vaga dentro e fuori da un reparto d’ospedale, invisibile a tutti, ai medici come ai pazienti. È uno spirito in coma che vive una condizione alternativa alla vita vera, da cui non vuole uscire, e che condivide con altri amici nel suo stesso stato (Lino Musella, Laura Morante e Justin Korokvin).
Un film che parla di speranza, nonostante il focus su una condizione che potrebbe contenere la fine. «Quando hai poco tempo, devi viverlo quel poco tempo – ci ha detto il regista – Se vivi una storia d’amore lo devi fare in quell’arco di tempo. L’intercapedine è proprio questo svolgersi tra la vita e l’attesa, luogo migliore per far emergere le emozioni».
A cominciare dal protagonista, che proprio in quel limbo dovrà fare i conti con un sentimento travolgente e sconvolgente. Il ricovero nella sua stessa stanza di una donna vittima di incidente stradale (l’attrice argentina Dolores Fonzi) scompaginerà infatti ogni comoda teoria sulla vita, opponendo l’insofferenza all’immobilità, la volontà di cambiamento sopra ogni cosa; quindi vivere come si deve o morire. «È fondamentalmente un film sulla forza dell’amore – continua – perché parlando d’amore parli di tutto, riesci a toccare tutti gli argomenti su cui l’essere umano si interroga continuamente».
«Nonostante» è lavoro pieno di spiritualità, un avverbio che si fa sostantivo, come un mantra che il regista ha assunto dal poeta Angelo Maria Ripellino: «Con “nonostante” lui si riferiva a persone capaci di resistere agli urti della vita tenendosi forte l’uno con l’altro, dimostrando quanto sia importante stare insieme. Nessuno vuole andarsene da solo, ma nessuno vuole vivere da solo e la solitudine è un altro tema che il film sfiora poco a poco».
«Nonostante» si può applicare anche al nostro tempo difficile, segnato da guerre e violenza tra gli uomini?
«Fare un film così è parlare anche di quello di cui siamo fatti – conclude Mastandrea – perché non siamo fatti solo di tutto ciò che ci colpisce in maniera violenta. C’è bisogno di speranza e tanto lavoro culturale da fare, un lavoro enorme».
Scritto da Mastandrea con Enrico Audenino, «Nonostante» è una produzione Ht Film, Damocle e Tenderstories con Rai Cinema.
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