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Edoardo Leo: «Racconto le tregue apparenti». “I peggiori giorni” al Taormina Film Fest

Quattro episodi firmati con Massimiliano Bruno

C’è una frase forte, pronunciata in chiusura di uno dei quattro episodi che compongono il nuovo film di Edoardo Leo e Massimiliano Bruno, “I peggiori giorni”, presentato ieri al Taormina Film Fest: «Aspetto che un meteorite colpisca il pianeta e stermini l’umanità». Siamo diventati davvero così insostenibili? «Ma no – risponde Leo, premiato ieri a Taormina – sono frasi paradossali per raccontare in maniera cinica quello che sta succedendo alla nostra società, diventata sempre più dura, sempre più cinica verso se stessa, in cui i rapporti sono incattiviti dai social. Il film è un pretesto per capire come alcuni giorni dell’anno siano solo delle tregue apparenti. Senza per questo voler generalizzare».

Pensate davvero quanto sia bello stare in famiglia a Natale? E che il Primo Maggio sia davvero la festa di tutti i lavoratori? E Ferragosto sia un giorno di spensieratezza tra una grigliata e un tuffo in piscina? E che a Halloween ci si travesta per fare “dolcetto o scherzetto” agli sconosciuti? A tutti questi interrogativi il film che, fra ironia e amarezza, sonda l’animo umano, risponde di no.

Leo, relazioni familiari, scontri tra classi sociali, scherzi del destino, e gli stereotipi che accompagnano i giorni di festa, frullati e privati di ogni buonismo per far posto a miserie personali e collettive. È questo il film?
«L’idea di base era quella di raccontare gli italiani attraverso le feste comandate, i giorni che ognuno di noi, volente o nolente, è costretto a vivere. E il miglior modo era utilizzare singolarmente otto date, per altrettanti episodi, che abbiamo diviso in due film, prima “I migliori giorni” e adesso questo. Parlare di un Natale felice non avrebbe avuto senso».

Un cast corale, composto da lei e Bruno con Anna Foglietta, presente anche ne “I migliori giorni”, Renato Carpentieri, Fabrizio Bentivoglio, Giuseppe Battiston, Claudia Pandolfi, Anna Ferzetti, Neri Marcorè, Ricky Memphis, Rocco Papaleo e Giovanni Storti. Si sente più protetto a lavorare con un gruppo affiatato di amici?
«Chiamo gli attori che ritengo giusti per quei ruoli. Certo, poi ho fiducia in un gruppo di lavoro che mi accompagna da tanti anni, da Massimiliano a Marco Bonini che ha scritto con me e recita, con l’apertura ad altri attori con cui non avevo lavorato, da Bentivoglio alla Pandolfi a Battiston».
Di cosa ha bisogno oggi la commedia italiana per rivitalizzarsi? «Non esiste una ricetta, l’importante è che il regista intercetti ciò che ha voglia di raccontare e tocchi il pubblico, anche infastidendolo. Questa commedia non è rassicurante, narriamo ciò che tutti vivono in un modo in cui è fastidioso sentirselo dire. Ma il cinema è questo: è pungolarti, è farti stare a disagio sulla poltrona».

Com’è auto-dirigersi?
«Ho girato otto film da regista e in tutti recito: non percepisco la differenza perché per me è un processo unico scrivere, dirigere e stare dentro la storia. Invece dirigere degli attori che stimi molto pure da spettatore, significa mettersi alla prova, migliorarsi, confrontarsi con artisti esigenti che fanno crescere anche te».

Parliamo di lei, di un curriculum falso, di un film, il suo primo, uscito durante i Mondiali di calcio e di una frase che le disse Proietti.
«Quel 4 giugno del 2010, a vedere “Diciotto anni dopo” non c’erano neppure i miei parenti. Ma quel lavoro ha cambiato la mia vita: ha vinto 50 premi all’estero e mi ha permesso di fare il regista. Proietti mi disse: “Non sei figo, fai ride'”. Voleva dirmi di fidarmi della mia parte empatica e non di quella estetica. Un grande insegnamento. Il mio curriculum? Ho aggiunto di aver studiato in una scuola famosa di recitazione. Non era vero, eppure oggi sul sito di quella scuola c’è scritto che, tra gli attori che l’hanno frequentata, ci sono io. Non consiglio a nessuno di farlo ma, in fondo, mica ho barato in un concorso pubblico…».

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