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Al Tao Film Fest ancora Valeria Golino. "Occhi blu": il genere usato per superare il genere

Ispirato a un popolar francese, segna il debutto alla regia per Michela Cescon

Ancora a Taormina Valeria Golino, star del cinema italiano e internazionale che, dopo l’ottimo film distopico “La terra dei figli”, continua a mettersi in gioco con la pellicola fuori concorso “Occhi blu”, esordio alla regia di Michela Cescon.

La trama, apparentemente classica, con un commissario (Murena, interpretato da Ivano De Matteo), un amico ed ex collega co- investigatore (il Francese, ossia Jean-Hugues Anglande), e un rapinatore solitario che sfugge alla cattura, riserva, oltre a esilaranti colpi di scena, un ribaltamento di ruoli abbastanza significativo. «Mi piace molto il polar francese – ha detto la regista Cescon - anche se “Occhi blu” non è di fondo un polar, ma ne tocca diverse corde. Mi piace Melville e ho deciso che da lì sarei partita, perché lì avrei avuto la libertà di giocare e creare personaggi vuoti e pieni e farne pedine facili, come la rapinatrice, l’assassino, il commissario. Non succede niente di straordinario nella storia, come fanno i bambini quando giocano e lo fanno seriamente perché quel gioco è simbolico al cento per cento. La strada era quindi quella del gioco e il gioco era il polar».

All’interno del gioco tuttavia la Cescon ha usato il genere «per superare il genere», rispetto ai ruoli femminili. «Credo che oggi sia più interessante pensare a un ritratto femminile che maschile. Nei film gli uomini sono stereotipati nei ruoli (il commissario, l’assassino…) mentre volutamente questa rapinatrice ha un ritratto indefinito. Ci fugge, ci sfugge… perché? Che ritratto diamo al femminile? Veniamo così chiamate a cercare una delineazione del femminile che non sia più solo madre, amante, moglie, vittima, che il più delle volte noi attrici interpretiamo, donne sempre violate, vittime o partecipi di qualcosa che non può andare. Qui no, lei ha un passato che lascio volutamente libero perché ho molta fiducia nel pubblico. Sono convinta che ognuno ci metterà dentro la sua versione per dare una risposta».

A interpretare Valeria, una Golino trasformista, capace di improvvisare, una “professionista Jazz”, come l’ha definita la stessa regista. «Valeria non cerca empatia, non ha amicizie, sembra quasi di cattivo umore – precisa la Golino - ed è allo stesso tempo presente e molto obliqua nel modo in cui viene guardata e nel modo in cui si pone. In tutto, nel suo erotismo, nel suo stare nelle cose è chirurgica, matematica o almeno evoca quello. Si immagina abbia questo tipo di mente. Non ruba per arricchirsi, né per usare i soldi. Il suo goal non sono i soldi, ma i soldi sono il mezzo per scappare. Non ruba per fuggire, fugge per rubare. Quello è il momento in cui c’è una compiutezza nel personaggio».

Un ruolo complesso quello dell’attrice napoletana, che torna a lavorare con la Cescon dopo essere stata protagonista del suo corto del 2010 “Come un soffio”. Rispetto al suo personaggio afferma di essersi mossa con grande cautela, e di essersi divertita, perché in parte deresponsabilizzata: «Non dovevo piacere, non dovevo essere né bella, né brutta, né accogliente, né fare entrare il personaggio e farmi amare dal personaggio, ma neanche malvolere. Ero in un limbo meraviglioso, in cui non dovevo chiedere o dare nulla. Un momento di sospensione dei miei modi di fare e di pormi come attrice, nelle mie espressioni e nei miei movimenti. Il merito è di Michela, io sono stata felicemente una pupazza nelle sue mani».

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