Senza continuità. Il Messina, che ha conquistato appena 3 vittorie in 18 gare, non è mai riuscito a conquistare due successi consecutivi (tre pari è il filotto migliore) e con questo trend non può sorprendere la pericolante posizione in classifica. I giallorossi non sono riusciti a dare seguito alla vittoria esterna contro la Turris e, al ritorno al “Franco Scoglio”, hanno perso contro il Foggia. Contro i campani era arrivata una vittoria importante ma, come contro il Giugliano, è stata solo un’effimera soddisfazione, cancellata, prima, da Team Altamura e Sorrento, ora dai pugliesi. Al preoccupante cammino esterno si aggiunge quello interno, con ben tre sconfitte negli ultimi quattro impegni, e la strada verso la salvezza si fa sempre più complicata. Anche perché non si può sperare sempre nelle disgrazie altrui (penalizzazioni di Taranto e Turris, che rischia grosso), ma la permanenza va anche meritata con le proprie forze. Il Messina non sembra avere al momento energie, carattere e neanche qualità necessarie a evitare i playout. Solo l’approccio. L’approccio contro il Foggia è sembrato promettente, con buon ritmo iniziale, qualche conclusione e per circa 20 minuti il Messina ha dato l’impressione di essere in giornata. Al 26’ è finito tutto: dal gol di Mazzocco, che raddoppia nella ripresa, al tris di Emmausso al 92’, i giallorossi si sciolgono, lasciano spazi e gli sporadici tentativi (appena due) sono troppo pochi per raddrizzare una partita che doveva essere affrontata con ben altro spirito, grinta e agonismo. Domande senza risposte. Perché rinunciare al 3-5-2 che aveva dato maggiore equilibrio? Perché sperimentare ancora, schierando Ortisi nel tridente offensivo a destra? Perché il “solito” cambio Cominetti-Petrungaro? Perché nessuno parla? Ormai il tecnico Giacomo Modica si è chiuso nel silenzio auto-imposto dal post-Avellino e le risposte a certe domande si possono solo immaginare. In condizioni di normalità, al silenzio dell’allenatore si sarebbe risposto con provvedimenti o con la presenza di almeno un dirigente che avrebbe messo la faccia in situazioni difficili. Ma a Messina, di normale, ormai non c’è più nulla. Manca un direttore generale, ora anche un direttore sportivo (si è dimesso Giuseppe Pavone) e resta solo un direttore organizzativo fantasma (Angelo Costa), da un anno e mezzo con un ruolo “indefinito”. In un’altra piazza, e con un’altra società, l’allenatore (non unico colpevole) avrebbe già pagato i pessimi risultati e, anzi, nella sua auto-conferma dello scorso giugno aveva anche preso un impegno morale: «Sarò io ad andare via se le cose non dovessero andare come speriamo». Lo aveva fatto dopo Latina, con le dimissioni irrevocabili poi revocate, ma evidentemente sbagliando i tempi. L’attesa cessione. Il passaggio di proprietà da Sciotto alla AAD, sembra l’unico appiglio per sperare in una svolta che, almeno sul campo, sembra davvero missione impossibile. Le partite diminuiscono e il Messina appare sempre in una situazione precaria, ambientale e di classifica. Urge spazzare via le nubi, accelerare in campo e fuori, per provare a salvare la categoria per il quarto anno consecutivo con enorme sofferenza.