Eravamo felici. E non lo sapevamo. Inconsapevoli che quella parabola avrebbe poi raggiunto il suo apice prima degli anni più bui. Eravamo felici perché la Serie A non era una gioia prettamente sportiva, ma coinvolgeva tutta la comunità, un fenomeno che spingeva Messina a pensare positivo in ogni altro aspetto. Eravamo felici perché tutta Italia ora ci guardava diversamente: nel calcio ci sapevamo fare anche noi. Eravamo felici perché tre quarti di città quella gioia non l’aveva mai vissuta e quel ritrovarsi tra le grandi del calcio italiano mandava “fuori di testa” anche il più equilibrato tra i tifosi. Eravamo felici perché finalmente, dopo le gioie con Scoglio e le amarezze sui campi di terra battuta dei dilettanti, la nostra squadra aveva recuperato non solo la dignità calcistica, ma si era resa protagonista di una prepotente scalata dal basso, quasi irripetibile, avviata dal compianto Aliotta e completata dalla famiglia Franza. Eravamo felici perché si apriva un nuovo esaltante capitolo della nostra storia calcistica e lo stadio nuovo, finalmente completato dopo quasi tre lustri di attesa, apriva nuovi scenari. Eravamo felici perché il sogno, tanto atteso e cullato in una stagione di veleni, si era realizzato ai tre fischi di Collina, spazzando via dubbi e paure grazie alla dirompente forza di una outsider diventata grande nell’autunno del 2003. Eravamo felici, vent’anni fa. E quei giorni di festa collettiva sono ancor più lontani oggi che il calcio non splende più come allora. Speciale di 8 pagine oggi in edicola con la Gazzetta del Sud