«Ripartiamo dalle scuole, guardiamo in faccia i ragazzi per parlare dentro le classi e senza filtri della potenza delle storie, del pericolo dell’intolleranza e della violenza di genere». L’auspicio di Guglielmo Pispisa e Jadel Andreetto è chiaro e i due autori lo hanno messo in pratica incontrando a Messina gli studenti dell’Istituto Comprensivo Giovanni Pascoli.
Dialogando con la giornalista Elisabetta Reale (con le letture di Fabrizio Papalia e il contributo musicale della scuola media, in un evento organizzato dalla libreria Bonanzinga), il messinese Pispisa e il bolzanino Andreetto sono partiti dalle pagine del loro ultimo romanzo, “La parola amore uccide” (Rizzoli), un giallo a tinte fosche in una Bolzano incendiata dall’odio, un libro carico di temi sociali per una lettura dal grande ritmo, capace d’intrattenere e far riflettere.
Si tratta del felice ritorno in scena di Tanino Barcellona e Karl Rottensteiner, già apprezzati in “Tutta quella brava gente” (Rizzoli, 2019) ma, stavolta, si sono sbarazzati dell’alias Marco Felder (con il quale firmavano quel libro) e proprio da qui ripartono, con il sorriso: «Abbiamo appena terminato di registrare il podcast in quattro puntate da venticinque minuti ciascuna, prodotto da Rai Alto Adige, indagando sull’uccisione di Felder, un crime che si accompagna e completa alla perfezione la lettura del nostro secondo libro, un esperimento di metanarrativa che c’ha molto divertito», commenta l’avvocato e scrittore Guglielmo Pispisa.
«Ci saranno tanti ospiti – afferma Jaadel Andreetto – e infine, proprio Felder diventerà un personaggio secondario del prossimo romanzo che scriveremo con Guglielmo. Ci siamo ripresi il nostro nome sulla copertina e ci siamo divertiti nel farlo, vedrete».
Gemelli sempre più diversi ma legati dalle indagini e dal pericolo condiviso, la coppia di poliziotti – il messinese Tanino Barcellona e l'altoatesino Karl Rottensteiner – funziona bene, mescolando il background emotivo-gastronomico del ragazzo del Sud con i modi dello sbirro figlio delle montagne, entrambi accomunati da un senso di giustizia che finisce per metterli alle strette, facendo loro scegliere sempre la via giusta, non quella più facile.
Bolzano d’estate s’infuoca, letteralmente, a causa di un’esplosione in un centro d’accoglienza per immigrati che uccide una volontaria e di un delitto con un movente passionale che sembrerebbe inchiodare Angelica Guidi, primo dirigente della Mobile. Due morti apparentemente sconnesse, due indagini che potrebbero costare caro ai due poliziotti, alle prese anche con rigurgiti d’intolleranza, con la violenza di genere e con passioni del passato mai sopite.
Jadel Andreetto e Guglielmo Pispisa scrivono assieme da più di vent’anni e fanno parte del collettivo Kai Zen ma nello specifico, come si lavora a quattro mani sulla stessa storia?
«Anno dopo anno – dice Pispisa – la nostra intesa creativa si è consolidata e, un libro dopo l’altro, ormai con Jaadel ci capiamo al volo. C’è un lavoro preliminare, un brainstorming telefonico per affinare il tema e intanto cresce la trama, sviluppando i personaggi nel contesto».
D’accordo, ma dal punto di vista pratico, come si procede?
«Non abbiamo alcuno steccato, ciascuno scrive un capitolo e alterniamo le nostre voci sulla pagina. E in tal modo – afferma Andreetto – a me capita di scrivere di Tanino e Guglielmo si occupa di Karl, scambiandoci il posto, amalgamando le nostre voci. Dopodiché ci rimettiamo al lavoro sul testo finito, completando le descrizioni e rifinendo dialoghi e i dettagli, trovando la giusta alchimia. E per tenere il ritmo giusto abbiamo una colonna sonora condivisa, un modo anche per ridurre le distanze geografiche».
In merito all’incontro nelle scuole, c’era molta curiosità nei giovani lettori che hanno assistito, dialogando con la giornalista e con voi...
«Abbiamo parlato del nostro libro, confrontandoci con Elisabetta, ed ero molto curioso di poter sviluppare e affrontare i due macro-temi trattati, ovvero l’odio razziale e la violenza di genere. Due argomenti molto attuali, perfetti per relazionarsi senza filtri anche con i lettori più smaliziati».
E c’è stato spazio anche per parlare delle storie e della scrittura: «Lì in mezzo – prosegue Andreetto – ci sono sempre scrittori potenziali, incuriositi dal meccanismo narrativo e siamo sempre felici di poterne parlare, seminando letture».
Ne “La parola amore uccide”, una pagina alla volta, trasuda tanta rabbia sociale che soffia sul vento del razzismo e anche a Bolzano, puntualmente in cima alle classifiche di vivibilità, le acque possono incresparsi e la folla manzoniana scalpita: «Sì – prosegue Pispisa – sono aree con uno stato sociale che funziona benissimo e non c’è traccia del degrado che, purtroppo, ben conosciamo alle nostre latitudini e forse, proprio per via di questo benessere sociale basta poco perché la gente si senta defraudata». E tocca ad Andreetto completare la risposta: «Con le nostre storie vogliamo affrontare temi sociali, svelando una realtà poco nota e un ambiente non troppo cristallizzato. Ci piace creare un legame fra Tanino, Karl e la città che li circonda, con tutti i suoi punti caldi e le sue contraddizioni. A rischio di bruciarsi».
Infine, cercando di non scivolare nelle anticipazioni rivelatorie, Pispisa conclude: «Il tema della violenza di genere è al centro della cronaca nazionale, giorno dopo giorno, è doveroso parlarne ma non credo in una scrittura militante, per principio. Ovvero – prosegue l’autore messinese – l’autore dev’essere libero di potersi impegnare in questioni socio-politiche, con l’intento di risvegliare le coscienze dei lettori ma non dev’essere obbligatorio». E infine, Andreetto conclude: «L’unica consegna, a nostro avviso, è quella di fare sempre del proprio meglio, nel rispetto dei nostri lettori».
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