Il rischio paventato tre anni fa, quando il movimento “Il Ferribotte non si tocca” portò in piazza migliaia di persone nel giorno di San Valentino, si concretizza nelle ultime battute di agosto. Rfi ha costituito una nuova società, si chiama “Blu Jet” e acquisisce i due vecchi mezzi veloci delle Ferrovie, il Tindari Jet e Selimunte Jet. Fin qui nulla di problematico, se non fosse per l’obiettivo con cui nasce la nuova “branchia” di Rfi: spezzare il carico ferroviario, far scendere i passeggeri dai treni a lunga percorrenza per attraversare lo Stretto con un sevizio di navi veloci già esistente da anni e realizzare proprio ciò che tre anni fa sindacati e associazioni di cittadini provarono (e per un periodo di tempo riuscirono) a scongiurare, eliminare il servizio a lunga percorrenza di navi e treni. Un’operazione di fatto a costo zero, in barba al concetto di continuità territoriale.
La “Blu Jet”, recita l’oggetto sociale registrato alla Camera di Commercio il 2 agosto scorso, svolgerà «il collegamento ferroviario via mare sulla relazione Villa San Giovanni-Messina». Un collegamento ferroviario... a piedi. Come quello che ad esempio svolge “Bus Italia”, altra azienda del gruppo Fs, con un pullman che collega Catania a Lamezia Terme attraversando, per di più, lo Stretto con le navi degli armatori privati, Caronte&Tourist. Caronte&Tourist con cui, come segnalato dal movimento “Ferribotte” (di cui fanno parte Orsa, Usb, Antudo, CittadinanzAttiva, Ciufer e Comitato pendolari siciliani), è in vigore anche un accordo per cui basta presentarsi alla biglietteria di Trenitalia con un tagliando C&T per usufruire di sconti sui treni Freccia in partenza da Villa, senza che analoghe agevolazioni siano previste per la flotta ferroviaria Blu Ferries o gli Intercity a lunga percorrenza che attraversano lo Stretto con i traghetti di Rfi.
La nascita di “Blu Jet” viene vista come il «coronamento della farneticante gestione della cosa pubblica»: «Ecco realizzata la rottura di carico, progetto fallito nel 2015, ripreso successivamente con un emendamento a firma dell’on. Vincenzo Garofalo (messinese)». Emendamento che, è l’accusa del “Ferribotte”, «sulla carta finge di ampliare il concetto di continuità territoriale, ma sostanzialmente punta ad aggirare lo stesso dettato costituzionale, promuovendo l’eliminazione dei binari galleggianti (traghetti ferroviari) e chiamando all’ennesimo sacrificio i viaggiatori che, con armi e bagagli, dovranno scendere dal trenoper prendere il vettore navale “veloce” e, attraversato lo Stretto, recarsi a piedi presso lo scalo ferroviario dell’altra sponda».