La sua è stata una “provocazione” e come ogni provocazione ha suscitato una valanga di reazioni e commenti, tra chi lo accusa di fomentare odio, razzismo e xenofobia e chi, al contrario, sta dalla sua parte e ne esalta il coraggio.
Tutto nasce dalla telefonata di un giornalista di AdnKronos che vuole un commento del sindaco di Messina sulla vicenda della nave Diciotti e dell’arrivo dei migranti in riva allo Stretto. Cateno De Luca risponde prima con una velenosa frecciata: «Ho appreso del loro sbarco dai giornali, nessuno si è degnato di chiamarmi per avvisarmi». A quel punto, ecco la dichiarazione che ieri ha fatto tanto scalpore: «I migranti? Metto a disposizione le baracche, quelle attualmente dove vivono diecimila messinesi tra amianto, fogne a cielo aperto e sporcizia. Qualcuno mi accuserà di razzismo? Prima, però, dovrà spiegarmi perché in quelle strutture fatiscenti può viverci un italiano e un migrante no».
Che si tratti di una “provocazione” è evidente, nel momento in cui il sindaco ribadisce di voler demolire quelle stesse baracche nel più breve tempo possibile, lasciando intendere oltretutto la sua volontà di opporsi a qualsiasi ulteriore nuovo arrivo a Messina di migranti e lanciando un’altra “provocazione”, della quale parliamo in questa stessa pagina, cioè la minaccia di demolire l’hotspot di Bisconte perché «costruito abusivamente».
De Luca quando “provoca” molto spesso va fuori le righe, come egli stesso ha ammesso nel giorno del suo insediamento a Palazzo Zanca. A farlo andare su tutte le furie, in questo caso, è stata l’assoluta mancanza di coinvolgimento del sindaco della città ospitante: «Nessuno si è degnato di avvisarmi – ripete –, per me non ci sono, quando qualcuno riterrà di chiamare il sindaco per avvertirlo di questa presenza sul suo territorio, ne riparliamo...». All’Agenzia rilascia dichiarazioni dal tono sempre più minaccioso: «Al momento sono alle prese con tante altre emergenze, ma se mi gira... Applico le norme e faccio sgomberare mezzo mondo». De Luca, su questo fronte, si ritrova dalla parte di Salvini, nonostante i forti attriti del recente passato e «al di là del fatto che su tante cose la pensiamo diversamente, ma stavolta il ministro ha fatto bene. E non per la vicenda in sè, ma perché c’è un tema di fondo che è lo stesso che io pongo a Messina». Quale? «Io ho diecimila persone nelle baracche». Su questo punto il sindaco si lascia di nuovo prendere la mano, affermando una cosa che non risponde alla realtà: «Diecimila persone che vivono nelle baracche da 110 anni. Queste baracche sono lì dal sisma del 1908». È stato detto e scritto in tutte le salse, ma evidentemente questo concetto serve al clamore mediatico nazionale, perché non c’è altra spiegazione, visto che le attuali baracche nulla hanno a che vedere con quelle del dopo-terremoto. Si pensi solo alla “favela” di Fondo Fucile: dal dopoguerra in poi è stata sbaraccata tre volte ed è sempre risorta, il terremoto c’entra solo perché ha lasciato in eredità una “cultura della baracca” dalla quale il popolo messinese non si è mai saputo liberare. Infine, De Luca torna alla casella iniziale: «Tolgo le famiglie messinesi e le porto in albergo e lì, tra topi e fogne, ci metto i migranti. Regalo loro tutte le baracche». È una “provocazione”, ovviamente, che, però, ha scatenato una vera e propria bufera.