Dopo gli istituti superiori, tocca a quelli che ospitano scuole elementari e medie. E, se possibile, il caos aumenta. Perché alcuni rimarranno chiusi, altri potranno aprire, altri ancora dovranno organizzare turni che oggi diventa davvero difficile immaginare. Un rebus che, se la situazione dovesse rimanere questa, toccherebbe ai presidi risolvere. Con i genitori degli alunni messinesi che a tutt’oggi – fatta eccezione per coloro i quali hanno i figli iscritti nelle scuole che hanno ottenuto il via libera – non hanno idea di cosa accadrà dal 12 settembre, giorno della prima teorica campanella, in poi.
Ieri pomeriggio il sindaco Cateno De Luca e la sua Giunta hanno approvato il nuovo provvedimento, figlio di una dettagliata relazione stilata dal dirigente del dipartimento Manutenzioni immobili comunali, ing. Francesco Ajello. Il quadro che ne è venuto fuori è profondamente mutato rispetto all’ordinanza del 3 agosto, con la quale il sindaco aveva disposto la chiusura senza distinzioni di tutti i plessi scolastici. Ma per certi versi la situazione è ancora più ingarbugliata. Sommando i cento plessi di proprietà comunale ai sedici in affitto, sono 47 quelli autorizzati a riaprire, mentre 26 rimarranno chiusi. Il rebus riguarda gli altri 45, che vengono riaperti con “limitazioni”.
Cosa significa? Che possono riaprire «a condizione che il dirigente scolastico esegua una pluralità di turni, affinché si registri, per ciascun turno, un numero di presenze complessive non superiori a 100, incluso il personale docente e non docente». Facile a dirsi, molto meno a tradursi in un’organizzazione degli orari. Basta qualche esempio: la Crispi-Pascoli, nell’anno scolastico scorso, aveva 1.002 alunni iscritti. Già senza considerare il personale docente e non docente, ci vorrebbero dieci turni. Contando anche insegnanti e altri dipendenti, i turni aumenterebbero. E se si considera che una giornata tipo è composta da almeno cinque ore di lezioni, non basterebbero nemmeno ipotetici e ovviamente impensabili turni di notte.
Ma non serve arrivare a questi casi limiti: problemi simili si registrerebbero anche laddove gli alunni sono la metà, come alla Boer, dove l’anno scorso erano 522, alla Mazzini, dove erano 492, alla San Francesco di Paola, dove erano 631, la Battisti (500). E via dicendo.
Per non parlare delle 26 scuole per le quali non è stato autorizzato alcun tipo di riapertura. Le più numerose sono la Beata Eustochia all’Annunziata, la Gaetano Martino a Tremestieri, la Galatti, la Principe di Piemonte. Tutti plessi che, recita la delibera dell’Amministrazione, «non hanno i requisiti minimi per lo svolgimento delle attività».
I criteri seguiti li spiega, nella sua relazione, l’ing. Ajello: presunzione di sussistenza di avvenuto collaudo statico, in ragione del fatto che l’immobile è presuntivamente munito di collaudazione amministrativa; considerare, dal punto di vista statico, a norma gli edifici per i quali non sia ancora stata eseguita la verifica sismica, purché ricorra la presunzione di avvenuta collaudazione statica; rispetto della normativa in materia di conformità dell’impianto elettrico; rispetto della vigente normativa antincendio, tenuto conto del fatto che il decreto di proroga dei termini di avvenuto conseguimento del Cpi (certificato prevenzione incendi) non è ancora stato adottato dallo Stato. Ed è proprio il dirigente a spiegare che «le scuole aventi oltre 100 presenze contemporanee non possono essere aperte», a meno che, appunto, non ci si organizzi in turni.
La situazione resta critica: il 28 agosto il presidente della Regione Nello Musumeci ha convocato una riunione a Palermo per sbrogliare la matassa. Ma rimane alcuni dati sconfortante, tra i tanti: nessuno dei cento plessi di proprietà comunale dispone del certificato di agibilità. E su 118 plessi, solo 5 hanno la verifica di vulnerabilità sismica. Un disastro.