Il cartello che divide: da una parte chi si è schierato con il primario del reparto di Nefrologia Michele Buemi che ha invitato i pazienti a lavarsi e presentarsi in condizioni igieniche accettabili alle visite, dall’altro chi ritiene troppo “forte” il messaggio lanciato da una porta del nosocomio nei confronti di chi, magari, fa cattivo odore o “soffre” di scarsa cura personale non per scelta. In mezzo c’è chi magari ha condiviso il contenuto ma un po’ meno la forma. Sicuramente nelle scorse 24 ore in città, quello del messaggio schietto e sincero del professore originario di Barcellona Pozzo di Gotto, è stato uno degli argomenti più gettonati.
Tra chi si è posto al fianco di Buemi c’è il deputato nazionale di Forza Italia, Nino Germanà: «Piuttosto che avviare una procedura disciplinare nei confronti del professore per la sua iniziativa, suggerirei ai vertici dell’Azienda ospedaliera di prendere in seria considerazione di dotare tutti i reparti di cartelli come questo, segno di rispetto e civiltà». Tenore pressoché simile, di sostegno, anche dal presidente dell’Ordine degli avvocati, Vicenzo Ciraolo: «Trovo stucchevole che non si parli dei suoi risultati scientifici e che si dia risalto ad un episodio banale come questo nel quale il prof. Buemi ha esternato pubblicamente la necessità di applicare un principio generale e che nessuno dovrebbe suggerirci. La cosa assurda è che sia stato costretto a farlo». A dire il vero, sono davvero tanti i messaggi a sostegno del primario dopo l’avvio del procedimento disciplinare avviato dall’Azienda a seguito della denuncia di una paziente che si è sentita offesa dai toni utilizzati, a partire dalla battuta “sull’ascella sudata”. A prendere le “difese” del Policlinico, è il commissario Michele Vullo: «Ma a nessuno sfiora una domanda semplicissima: perché? Secondo alcuni è un vezzo presentarsi nelle condizioni descritte, anzi un'azione quasi di sfregio rivolta al centro dell'universo, il medico. Ma è così difficile immaginare che quelle condizioni facciano parte di un quadro di malessere su cui occorrerebbe indagare anche clinicamente. Qualcuno scrive sui social che i pazienti hanno i soldi ma non si cambiano le mutande, mostrando una grande capacità di analisi socio-economica. Sono certo che se potessero certi medici sceglierebbero pazienti belli, lindi, profumati e soprattutto coi soldi. Questo la dice lunga su come è mutata la professione e sul futuro in cui tecnologie interattive sostituiranno gran parte degli operatori. Almeno loro non sentiranno puzza. Sono cresciuto avendo a riferimento medici impegnati a lenire il dolore e cercare di curare una umanità sofferente che in genere puzzava. Un vecchio minatore tanti anni fa mi raccontava che ogni 15 giorni, quando il nonno usciva dalla miniera di zolfo, lui gli andava incontro e quando lo raggiungeva il nonno tirava fuori un pezzo di pane dal tascapane e glielo offriva. Il nipotino dopo il primo morso diceva al nonno che il pane, ricoperto di polvere di zolfo, era amaro e puzzava. Il vecchio minatore diceva al nipote mangia perché questo pane profuma di dignità. Oramai nessuno prova a vedere oltre il proprio “naso”».
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