Gabriella Tigano dirige la sezione archeologica della Soprintendenza ai beni culturali e ambientali di Messina. È lei che ha guidato l’ultima precedente missione importante nell’area, una campagna che ha permesso di “liberare” molte zone per capire meglio il sottosuolo.
- Cosa rappresenta Alesa nel contesto siciliano?
«Il sito di Alesa riveste particolare rilievo per la conoscenza della storia della Sicilia in età ellenistico-romana quando, dopo la conquista romana, i centri antichi della costa settentrionale raggiunsero grande prosperità. Cicerone nelle Verrine ci dà molte informazioni sulle istituzioni della città, sulle famiglie più note (i Lapironi che conosciamo dalla documentazione epigrafica), sull’importanza della produzione cerealicola, sulla intensità e remuneratività dei traffici trans marini, gestiti dai negotiatores italici e romani. Il porto caricatore era deputato alla deportatio ad aquam del grano decumano prodotto all’interno dell’isola. Sempre Cicerone enumera Alesa come uno degli otto exitus maritimi della Sicilia.
- I recenti scavi hanno modificato le vostre valutazioni sul sito? E cosa dimostrano?
«Le nuove scoperte arricchiscono e offrono tasselli importanti per la conoscenza dell’impianto urbano che, come è noto, in età ellenistico-romana si strutturò tenendo conto del profilo della dorsale collinare senza esserne condizionato, sfruttandone gli effetti scenografici con il ricorso a terrazze posizionate su più livelli altimetrici, strutturandosi secondo quel criterio di accorpamento funzionale delle zone residenziali, pubbliche e sacre, frutto di un progetto edilizio ampio, come in altre città della Sicilia ellenistica (per esempio Taormina, Solunto, Segesta, Termini Imerese, Centuripe). In tal senso si giustifica la posizione paesisticamente dominante del complesso templare al cui interno era l’edificio dedicato ad Apollo, e quella della stessa agorà, complessi tutti monumentali specialmente nella fruizione da lontano, e punti privilegiati per una visione panoramica che spaziava dal mare alla rigogliosa vallata fluviale. Sicuramente il periodo tra la fine del III e il II e il I sec. a.C. fu un momento di grande sviluppo e se ancora è prematuro parlare di datazioni, non v’è dubbio che anche il teatro sia da collocare all’interno di questo periodo di rinnovamento edilizio, funzionale all’importanza che Alesa ebbe fin dai primordi della provincia Sicilia».
- Che cosa pensa dei recenti ritrovamenti?
«Nel caso di Alesa appare non canonica la collocazione del teatro a ridosso della cinta muraria, o meglio con la cinta muraria dietro la presumibile scena dell’orchestra (rintracciata a livello di un lastricato in pietra), ma non v’è dubbio che il sedile riportato alla luce non può che essere di un teatro: è identico a quelli di Tindari».
- Quali prospettive si aprono adesso per il sito?
«Chiaramente le ricerche debbono proseguire. Nel caso del teatro sarà importante pianificare gli interventi per acquisire più dati tecnici di dettaglio sul monumento e sullo stato di conservazione, l’impressione è che il monumento sia stato spoliato in antico, e quindi per trovare le risorse necessarie per un progetto che richiederà un finanziamento molto consistente, sia per lo scavo che per tutti gli ulteriori interventi di restauro conservativo e di riconfigurazione, indispensabili per un possibile utilizzo. L’amministrazione regionale certamente non si tirerà indietro e la recente visita dell’assessore Sebastiano Tusa è un segnale importante dell’attenzione che in ogni caso non è mai venuta meno nel corso degli anni».(n.a.)
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