Alesa, l’antica città romana sommersa dal tempo, sta riemergendo. E le eccezionali scoperte archeologiche di questa estate dopo la campagna internazionale di scavi gettano una luce tutta nuova su quello che potrà rappresentare, un giorno, questo tesoro seppellito dai secoli sotto una collina.
Dopo gli studi e gli scavi di Luigi Bernabò Brea, Gianfilippo Carettoni, Giacomo Scibona e Gabriella Tigano, questa è sicuramente un’altra fondamentale svolta per un luogo di grande valenza storica e archeologica. Ci sarà un altro grande teatro in Sicilia? È questo uno degli interrogativi che gli studiosi si sono sempre posti dopo gli scavi. Le ricerche di questi mesi confermano la sua presenza.
Una grande trincea di scavo lunga 50 metri ha riportato alla luce il banco di roccia modellato della gradinata, diversi conci in pietra, un importantissimo sedile in tufo con il tipico profilo della seduta e dell’appoggio dei piedi, e uno dei muri che delimitavano la cavea.
Lì, ad Halaesa Arconidea, fondata dai greci quattrocento anni prima di Cristo, con accanto Abaceno e Tindari, da sempre, ogni archeologo ha puntato gli occhi immaginando lo sviluppo futuro dell’antico abitato e di tutto il resto. E proprio in quest’ottica - ne parliamo con l’architetto Gianfranco Anastasio, che dirige il Museo delle tradizioni silvo-pastorali di Mistretta, cui compete la gestione del sito -, sono state impostate le recenti ricerche, in stretto raccordo con la Soprintendenza, nel sito gestito dal Polo museale di Messina. Ricerche affidate alle università di Messina e Oxford per l’area dell’acropoli nord e del tempio di Apollo, e alle università di Amiens e Poitiers per l’acropoli meridionale, l’area a sud dell’agorà e la zona dei contrafforti, cioé l’area dove sono state ritrovate ad agosto le “evidenze” del Teatro.
La missione italo-inglese è diretta dai professori Lorenzo Campagna di Messina e Jonathan R.W. Prag di Oxford, con la collaborazione di Alessio Toscano Raffa, ricercatore del CNR di Catania. Alle attività di scavo si sono avvicendati ben cinquanta fra giovani archeologi e studenti di archeologia e storia antica delle due università. La missione francese è diretta dai professori Vincent Michel dell’Université de Poitiers e Michela Costanzi dell’Université de Picardie “Jules Verne”, con la collaborazione di Frédéric Gerber, archeologo Inrap-GSO. Alle attività hanno preso parte ventisei fra archeologi e studenti di archeologia dei due atenei.
Al Comune di Tusa, all’attuale sindaco Luigi Miceli e all’assessore ai Beni culturali Angelo Tudisca, che da sindaco si è battuto da sempre con grande caparbietà per gli scavi, si deve l’impegno finanziario che ha consentito l’impiego di mezzi meccanici per i sondaggi.
«Negli ultimi anni l’impegno scientifico congiunto della Soprintendenza, del Museo di Mistretta e, dal 2016, del Polo Regionale di Messina – spiega l’architetto Anastasio –, ha fatto di Halaesa Arconidea un luogo di ricerca dinamico, aperto a contributi di Istituti e studiosi italiani e stranieri. La concessione di scavo triennale nell’acropoli settentrionale prevede lo scavo dell’area del tempio di Apollo per l’ampliamento di indagine sulla configurazione topografica e planimetrica del complesso, che occupa parte del pianoro della collina, l’acquisizione del grado di conservazione delle strutture e la situazione stratigrafica dell’area. Le attività condotte negli ultimi due anni hanno consentito di identificare con maggior chiarezza la grande piattaforma quadrangolare di circa 40 metri per 20 di larghezza, con orientamento ovest-est, su cui spiccavano almeno due edifici sacri e parte di una pavimentazione in elementi di terracotta, discretamente conservata».
Quest’estate sono stati approfonditi ed ampliati gli studi delle aree individuate nella zona settentrionale dell’acropoli meridionale, nella zona a sud dell’agorà, nella zona concava sotto i contrafforti. Lo scavo nell’acropoli meridionale ha portato alla luce le strutture di edifici disposti lungo l’asse longitudinale nord-sud dell’altura.
«La funzione e la cronologia di questi edifici sono da definire – dice ancora l’arch. Anastasio –, come pure l’organizzazione urbana della zona che probabilmente sul lato Ovest presentava una strada. Sono state rinvenute anche delle sepolture di diversa tipologia e datazione e, all’interno del perimetro del saggio più a nord, una interessante cisterna a campana. Gli scavi condotti nel settore a sud dell’agorà, sulla scorta delle prospezioni geoelettriche e termografiche effettuate nel 2017, hanno ampliato con l’ausilio di mezzi meccanici i saggi precedentemente realizzati, estendendo le indagini in direzione del decumano VIII e verso Est. Lo scavo che in questo settore già l’anno scorso ha permesso di liberare muri di delimitazione di ambienti pavimentati con lastre di pietra, ha evidenziato nella parte più settentrionale profonde modificazioni, dovute allo spoglio dei resti degli antichi edifici e ai lavori agricoli di epoca moderna».
Il terzo settore di studio della missione archeologica francese è invece ubicato nella parte nord-orientale della città, sotto il grande muro a contrafforti, probabile sostruzione della via sacra che conduceva al tempio di Apollo alla sommità dell’acropoli.
L’area presenta la forma di un grande emiciclo scosceso, di circa 80 m di diametro con un dislivello di circa 20 m delimitato a valle dal muro di cinta della città, aperto sullo straordinario panorama della valle dell’Aleso con le monumentali opere di Fiumara d’arte e, all’orizzonte, con le Isole Eolie.
Una terza missione archeologica, guidata dal prof. Aurelio Burgio dell’Università di Palermo, partirà a settembre nell’area della necropoli di Castel di Tusa. Per far riemergere, ancora una volta, la Storia.
Pillole di storia
Scrive Diodoro Siculo che la città fu fondata nel 403 a.C., per volere di Arconide, tiranno di Herbita. Intorno al 269 a.C., nel momento decisivo della guerra tra Gerone II e i Mamertini, Alesa, seguita da Abaceno e Tindari, si consegnò a Gerone II. Pochi anni dopo, mentre infuriava la Prima guerra punica (263 a.C.), prima tra tutte le città della Sicilia, Alesa scelse di sottomettersi ai romani. Così con il riordino dei territori, ebbe il gran privilegio di far parte delle cinque “civitates liberae et immunes” (non dovette corrispondere la “decima” dei prodotti agricoli a Roma) e poté eleggere il proprio Senato, i propri magistrati e utilizzare leggi proprie.
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