Nuovi guai giudiziari dopo il fallimento del suo impero economico nella grande distribuzione per il noto imprenditore barcellonese Immacolato Bonina. Il sostituto procuratore di Barcellona Federica Paiola ha chiesto infatti il suo rinvio a giudizio con le ipotesi di reato di estorsione e indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato.
La vicenda è legata alle traversie economiche della sua principale società, la C.s.r.s. spa, la Centro supermercati regioni Sicilia, che è stata dichiarata fallita nel novembre del 2016.
La società che curava acquisto merci e logistica per l’intero Gruppo commerciale di Barcellona era stata dichiarata fallita il 30 novembre del 2016, dopo che lo stesso Tribunale di Barcellona aveva respinto l’ammissione al concordato preventivo.
Secondo quanto hanno ricostruito in Procura Bonina, che è assistito dall’avvocato Franco Chillemi, come legale rappresentante della C.s.r.s. spa, nel 2014, quando già si erano verificati i primi problemi di natura economica del gruppo, propose un “accordo” ai suoi dipendenti, minacciando il licenziamento se non avessero accettato.
In pratica ne costrinse un gruppo, parte offesa nel procedimento, a firmare un accordo di solidarietà secondo l’accusa fittizio, di decurtazione del salario - reale -, a fronte di una riduzione dell’orario lavorativo del 30% - falsa -, a 28 ore rispetto alle 40 tradizionali.
Il suddetto “accordo”, scrive il magistrato nel capo d’imputazione, sottoscritto dai lavoratori prevedeva «... condizioni contrattuali deteriori (in quanto i medesimi lavoratori, pur di non subire il prospettato licenziamento, aderivano a detto “accordo”, sebbene, in realtà , continuassero a prestare la propria attività lavorativa per 40 ore settimanali ed oltre), in tal modo procurandosi l’ingiusto profitto consistente dell’ottenimento della prestazione di attività lavorativa da parte di detti dipendenti».
Oltre all’estorsione viene contestata all’imprenditore anche l’indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato. Questo perché «... mediante l’utilizzo e la presentazione di dichiarazioni o documenti attestanti cose non vere, segnatamente esponendo falsamente all’Inps di avere “collocato in solidarietà” a seguito della sottoscrizione dell’accordo di cui al precedente capo A), i lavoratori dipendenti della predetta società, quando, in realtà, i medesimi lavoratori continuavano a prestare la propria attività lavorativa per 40 ore settimanali ed oltre». Questo gli ha consentito all’epoca di percepire il “contributo di solidarietà” delle mensilità tra giugno e dicembre del 2014, per un importo di quasi 30mila euro.
Secondo l’accusa Bonina, all’epoca prospettò un quadro drammatico: «... “se i supermercati avessero chiuso lui avrebbe potuto vivere di rendita”, mentre se loro non avessero accettato la sottoscrizione dell’accordo imposto “sarebbero rimasti a casa senza lavoro”».