Un ponte crollato. E un progettista, l’ing. Riccardo Morandi. Con la sua tecnica di costruzione, il “sistema Morandi”, con la cosiddetta precompressione. No, non è della tragedia di Genova che stiamo parlando, ma di un precedente sepolto negli archivi avvenuto proprio a Messina. La data è il 23 aprile 1999: intorno alle 18, collassò su se stesso il Ponte Santo Stefano, sulla Statale 114, a due passi dall’abitato di Santa Margherita. Per una felice coincidenza, non ci furono vittime perché nessuna auto transitava sul ponte in quel momento, sebbene l’infrastruttura fosse piuttosto trafficata. Testimoni dl crollo furono un uomo di 43 anni ed il figlio 13enne, che assistettero in diretta dal balcone di casa. E poterono raccontare che proprio poco prima del collasso della struttura, era transitata un’auto guidata da una donna.
Le dimensioni del ponte Santo Stefano erano ovviamente di gran lunga più ridotte rispetto al ponte Morandi di Genova: 78 metri di lunghezza, sotto di esso un precipizio di 18 metri. Ma per il resto i punti in comune con il viadotto ligure diventato tristemente famoso sono tanti.
In primis il progettista: l’ing. Riccardo Morandi. In secondo luogo il periodo di costruzione: il ponte Morandi di Genova fu costruito tra il 1963 e il 1967, quello di Santo Stefano una decina d’anni prima, progettato nel 1954 e inaugurato nel ‘56. Entrambi – così come il ponte General Rafael Urdaneta, sulla baia di Maracaibo in Venezuela, crollato anch’esso – sono esempi, seppur architettonicamente diversi, di una tecnica che fu un pallino dell’ing. Morandi, l’utilizzo del cemento armato precompresso. Con gli anni si è rafforzata tra gli esperti l’idea – confermata oggi tragicamente – che quel sistema sottovalutava il degrado del calcestruzzo. Da qui, in assenza di costanti manutenzioni, il rischio crollo, concretizzatosi tanto a Messina quanto a Genova e in Venezuela.
Un rischio che secondo l’ing. Gaetano Sciacca, ex ingegnere capo del Genio civile (oggi consigliere comunale del M5S) corre anche il viadotto Ritiro. Per questo qualche anno fa, in mezzo a polemiche anche accese con l’allora amministrazione comunale guidata da Giuseppe Buzzanca, insistette per la restrizione della carreggiata e i lavori di messa in sicurezza. «Tutti i viadotti autostradali presenti sul nostro territorio sono stati costruiti con la medesima tecnica del ponte crollato a Genova», ha ribadito in questi giorni. E nessuno si azzarda più a sottovalutare.
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