«Il giorno 10 del mese di agosto 2018, alle ore 10,30, presso l’ex inceneritore San Raineri sito in località del Comune di Messina...». Nel linguaggio burocratico dei verbali di consegna lavori, si certifica un evento che, comunque, passerà alla storia della nostra città: dopo quasi cinquant’anni uno degli ecomostri della Falce non c’è più, cancellato dalle ruspe, a conclusione di un tormentatissimo iter, come sempre accaduto in tutte le vicende riguardanti la Zona falcata e l’affaccio a mare di Messina.
Ieri mattina i rappresentanti dell’impresa Todaro, che si era aggiudicata la gara per la demolizione, hanno restituito al sindaco De Luca, in rappresentanza del Comune, l’area liberata dal vecchio impianto di incenerimento dei rifiuti costruito all’inizio degli anni Settanta. Gli interventi erano cominciati il 18 novembre 2016, sono stati sospesi in due riprese, poi sono ripresi il 15 gennaio di quest’anno e ieri il titolare della ditta, Pietro Todaro, ha firmato il verbale di consegna, insieme con il direttore dei lavori, l’architetto Giuseppe Carbone, il responsabile unico del procedimento, il geologo Salvo Puccio, il direttore dei Servizi tecnici del Dipartimento lavori pubblici, architetto Pasquale Tripodo e il dott. Giuseppe Caizzone per il Dipartimento Patrimonio. Il Rup, Salvo Puccio, è il neopresidente dell’Amam, nominato di recente da De Luca.
«Qui faremo rinascere Messina», assicura il sindaco che preannunzia la realizzazione di altri quattro progetti di riqualificazione, per un importo di 10 milioni di euro, in attuazione del Patto per la Falce. Ciò che ora conta più di ogni altra cosa è che l’area liberata non ridiventi “terra di nessuno” ma sia davvero il simbolo di un percorso di “rigenerazione urbana” che la città attende da decenni. A pochi passi di distanza, ci sono le aree dell’ex Stazione di degassifica, un altro “ecomostro” abbattuto dalle ruspe (anche se lì rimangono in piedi altre brutture e poi ci sono sempre gli enormi contenitori dell’Eurobunker che deturpano ambiente e paesaggio, proprio accanto alla Lanterna del Montorsoli). Se si torna indietro con la mente alle battaglie di questo giornale e di quei rari messinesi (qualche movimento o associazione, qualche studioso di storia locale, pochissimi politici e amministratori) ai quali stanno a cuore le sorti della Falce, si può esultare perché due obiettivi considerati fino a ieri quasi utopistici, ora sono stati raggiunti. Possiamo non parlare più del Degassificatore dell’ex Smeb e dell’inceneritore di San Raineri, ma abbiamo l’obbligo di parlare del futuro, di guardare a quello che accadrà fin dai prossimi giorni, al futuro che è stato disegnato da un Piano regolatore del porto che continua a non tornare indietro da Palermo, a un Patto per la Falce che finora è rimasto in larghissima parte sulla carta.
Lo abbiamo scritto infinite volte e infinite volte è stato detto e ripetuto ad alta voce: qui deve nascere la nuova Messina. Non con interventi di speculazione edilizia. Non con progetti che nascondono gli “appetiti” di affaristi senza scrupoli. E neppure con la tattica del “freezer”, quella con la quale si finisce con imbalsamare ogni tentativo di riqualificazione, preferendo congelare tutto pur di non avere il coraggio di compiere delle scelte.
La Falce è uno straordinario laboratorio dove si potrebbero sperimentare politiche di tutela ambientale e di valorizzazione paesaggistica e storico-culturale, coniugate a uno sviluppo turistico sostenibile, legato necessariamente al porto storico e alla ricchezza rappresentata dal crocerismo e, nello stesso tempo, salvaguardando le uniche realtà industriali che possono ancora coesistere, quei Cantieri navali da potenziare, inserendoli in questo cornice di risanamento e di riqualificazione territoriale.
Il sindaco De Luca proprio qualche giorno fa ha assunto una posizione forte, impossibile da non condividere, nei confronti della Regione siciliana, che aveva già deciso di dirottare altrove le risorse finanziarie non utilizzate dalla città di Messina in riferimento alla previsione del recupero della Real Cittadella e del Parco urbano di ricucitura tra San Raineri e il porto. Adesso si deve insistere, perchè è sempre molto più facile cancellare il passato che sapere immaginare un futuro da consegnare alle nuove generazioni, tale da farle sentire orgogliose di essere messinesi. Noi continuiamo a sognare la Zona falcata trasformata in un giardino dell’Eden, uno scrigno di tesori reso ancora più prezioso dall’azzurro o blu cobalto di uno Stretto che lì sembra davvero un tappeto magico di onde e di gorghi, di riflessi di sole e di luna. Sì, inguaribili sognatori di un futuro che ci appartiene, che avremmo voluto vivere noi, perchè era nostro diritto averlo, ma che quanto meno è nostro dovere cercare di donarlo a chi verrà dopo di noi, ai figli dei nostri figli. È un atto simbolico, quello compiuto ieri, a noi piace pensarlo come fosse l’alba del primo giorno sulla terra, dove tutto deve ricominciare.
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