Il “mezzo secolo” ti mette con le spalle al muro: 50 è un numero che può incutere timore; c’è tensione da scaricare, per allontanare il rischio di una (più o meno grave) “crisi” di mezz’età. È una sorta di retrospettiva da raccontare attraverso film, immagini e soprattutto vita vera. Cinquant’anni possono sprigionare anche sorprendenti risorse che si traducono in lezioni importanti. Un traguardo e allo stesso tempo una ripartenza. Con questo spirito Maria Grazia Cucinotta, l’attraente siciliana della porta accanto, si presenta all’appuntamento con la festa della vita.
Orgogliosa della sua messinesità, dall’approccio genuino e semplice nel proporsi, a dispetto dei riflettori e di quell’essere “in” sempre inseguito dalle star per poter apparire, ma a lei tanto estraneo da trasformarsi nella sua fortuna: perché proprio questo è il tratto che l’ha elevata a icona della bellezza italiana. Non le forme curvy, o le acrobazie da Bond Girl. La prova più riconoscibile l’ha data nel tempo: oggi, affascinante come 24 anni fa a Pollara al fianco dell’indimenticato Massimo Troisi. Senza trucchi né ritocchi, la Cucinotta si diverte a parlare dei suoi trascorsi e conserva intatto il senso di quei valori tradizionali che la mamma e il papà portalettere le hanno inculcato fino a diventare per lei preziose massime di vita. Primo effetto? Non si è mai spogliata, non è andata oltre il dècolleté vertiginoso, niente scene hard a costo di rinunciare a ruoli anche importanti.
Buon compleanno. Su di lei il tempo non sembra aver avuto effetto, se non positivo. Qual è il segreto?
«Mi nutro bene. Noi siciliani siamo viziati perché evidentemente cresciuti in un terra di salute, andando avanti a cibo biologico che continuo a mangiare; forse sarà stata anche l’aria di mare o il mio Dna, chissà. Ringrazio sempre mamma. E poi non sono una che insegue il tempo, non mi importa sapere di compiere 50 anni, sono contenta perché sono viva, fortunata e felice. E la felicità ti fa restare sempre giovane e ti permette di affrontare con coraggio le nuove sfide».
Come festeggerà?
«Mi è giunta voce che qualcuno voleva organizzare una festa a sorpresa, qui a Roma, ma ho scoperto tutto. Così ho dettato la linea: tema rigorosamente siciliano e soprattutto amici veri, quelli che ti vogliono bene. Lo trascorrerò semplicemente brindando alla vita». La “festa a sorpresa” è il superparty – hashtag #mizzica50 – sull’Appia Antica curato da Antonio Riccio e Nando Moscariello, che si svolgerà domenica., a base di caponata e cannoli, pasta alla norma e cassatine.
Attrice, regista, produttrice. Non le manca nulla.
«Sì, quella è la mia follia; sono sempre stata una giocatrice d’azzardo, pronta a scommettere, perché l’Italia è un paese meraviglioso ma dal punto di vista lavorativo non è il massimo. Nonostante io abbia puntato molto sul mio Paese, da indipendente hai molti svantaggi, ma ho costruito una realtà che ha una sua dignità perché ho trattato argomenti importanti e quindi molto utili, penso a “Viola di mare” e tanti altri film prodotti, poi per carità pure pellicole divertenti come “Maldamore” dove tuttavia ho sempre cercato di far riflettere, perché il cinema è anche questo: divertirsi e lanciare messaggi».
Lei non ha mai girato scene di nudo. Che rapporto ha con il suo aspetto fisico?
«Un rapporto di grande libertà. Ho vissuto sempre senza mai subire mai costrizioni. E se non fai la scena di nudo addio film? Chi se ne frega, una scena non mi cambia la vita. Ti cambia la vita un film come “Il Postino”, non trovo fondamentale mostrarmi senza veli, è una cosa cui si può tranquillamente rinunciare. Il nudo non è sempre sexy, penso al film “L’età dell’innocenza” quando lui sbottona il guanto, è una delle scene più sexy del mondo: immaginazione e seduzione. Se uno si deve spogliare per forza vuol dire che è limitato e se poi la scena di nudo è irrinunciabile allora vuol dire che non va bene per me. Punto. Quando rifiutai di fare “L’avvocato del diavolo” piansi, è vero, perché comunque non mi sarebbe mai più capitato di lavorare al fianco di Al Pacino o Keanu Reeves insieme, però era un film che andava al di là delle mie possibilità. Ci sono delle cose che evidentemente non fanno per me. Sono consapevole di avere un fisico prorompente e devo stare attenta a quello che faccio perché tra la sensualità e la volgarità il passo può essere breve».
Le molestie nel mondo dello spettacolo. Che idea si è fatta?
«Avevo 18 anni quando sentivo dietro di me le frenate dei motorini... Questo per dire che in tanti ci hanno provato, è anche abbastanza normale direi, e altrettanti si sono sentiti rispondere “no grazie”».
E se qualcuno insiste?
«E allora può anche partire una sberla. Io sono contro la violenza ma bisogna sapersi fare rispettare e soprattutto mettere in chiaro che le donne non sono un oggetto. In tante purtroppo ancora oggi subiscono violenze più meno gravi che mettono a rischio la loro vita. Beh, io sto dalla loro parte e le esorto a non mollare mai, a ribellarsi e lottare affinché le cose cambino. Chi ha la possibilità di scegliere deve saper rinunciare e denunciare. Sentire parlare continuamente di violenza sulle donne o sui bambini è davvero triste. Guardi, poi chi si azzarda a toccare un bambino dovrebbe marcire in galera per sempre».
Torniamo al cinema e parliamo di quello italiano. Che momento è?
«È da quando sono nata che sento parlare di crisi del cinema italiano, non c’è mai stato un momento di tregua. È solo un modo di essere, non è la crisi, qui non c’è un’industria come negli Usa, ma il cinema fa parte di un insieme di altre attività. Paolo Genovese al momento è quinto in classifica in Cina: il nostro cinema dovrebbe essere maggiormente esportato come accadeva tanti anni fa».
Oggi compie 50 anni, sua figlia Giulia ne ha già 16. Si rivede in lei?
«Giulia è un po’ l’evoluzione di quello che ero io. Gli interessi sono profondamente diversi, io non avevo tutte le cose che ha lei, come tutti i genitori della mia generazione, io sognavo molto di più; lei è una personalità molto sensibile con una grande sicurezza alle spalle. Ha meno grinta probabilmente rispetto a me, ma tantissimi interessi che nutre con grande intensità. La adoro».
Auguri all’ultima vera diva italiana.
«Grazie! Questo complimento me lo prendo».