Per quell’attentato al pm Federica Paiola, progettato tra le mura del carcere di Gazzi, dovranno rendere conto e ragione in un’aula di Tribunale.
Ieri il gup di Reggio Calabria Valentina Fabiani ha stabilito che il 18 ottobre prossimo, davanti alla prima sezione collegiale di Reggio Calabria, dovranno essere processati Antonino Corsaro, 49 anni, originario di Reggio Calabria; Salvatore Veneziano, 24 anni, di Milazzo; Gaetano Scicchigno, palermitano di 62 anni; Carmine Cristini, nato a Cosenza 35 anni fa; Giovanni Fiore, 29 anni, di Milazzo; Marco Milone, 38 anni, messinese di Barcellona. A sostenere l’accusa il sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria Sara Amerio e il procuratore aggiunto Gerardo Dominijanni. Nella difesa impegnati gli avvocati Alessandro Trovato, Salvatore Silvestro, Guido Contestabile, Giovanni De Stefano, Antonio Manna, Antonio Manago, Elena Moro e Angela Pino.
I sei sono imputati di tentato omicidio in concorso, in quanto avrebbero voluto eliminare il magistrato in servizio presso la Procura di Barcellona. Ma l’attentato non si è verificato «per cause indipendenti dalla loro volontà, in quanto tale progetto criminoso veniva scoperto». Le indagini della Squadra mobile di Messina e del Commissariato di Barcellona, coordinate dal procuratore aggiunto del Tribunale peloritano Giovannella Scaminaci (poi trasferite al di là dello Stretto), hanno individuato i ruoli: Corsaro, ritenuto «ideatore e istigatore, avrebbe chiesto a Veneziano «di fornirgli targa e macchina della Paiola», per poi girare «tali informazioni a Scicchigno», il quale «le comunicava (avvalendosi dell’attività lavorativa di commesso/magazziniere da lui svolta nella casa circondariale di Messina) ad altri soggetti rimasti ignoti». Corsaro avrebbe promesso «a Veneziano di procurargli le armi per commettere l’omicidio», segnatamente un «kalashnikov», mentre Cristini avrebbe fornito «suggerimenti in ordine alla modalità dell’azione», ossia «scaricare l’arma sull’autovettura». Come «esecutore materiale, Veneziano» avrebbe chiesto «altresì il consenso a Fiore e Milone, ristretti in carcere a causa di richieste cautelari provenienti dalla Paiola». Gli ultimi due avrebbero acconsentito. L’attentato era previsto sull’A20 Messina-Palermo, «in maniera spettacolare ed evocativa», con le finalità «di agevolare le associazioni mafiose». Bisognava «compiere l’omicidio per un miglioramento all’interno della criminalità organizzata». Fatto accertato l’11 agosto 2016.
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