Dal ricordo dei concerti a Messina, quando erano ancora una delle tante band italiane in cerca di gloria, alla crisi recente prima della “rinascita”, passando per il mondo dei social network. E ancora la paternità all’orizzonte, il dolore per i migranti, il piatto preferito del “cuoco” Giuliano e un’amicizia infinita.
C’è tanto di Giuliano Sangiorgi e dei Negramaro nelle risposte che la band pugliese ha dato ai 10 lettori della Gazzetta del Sud, che hanno vinto due biglietti ciascuno per il concerto di domenica 8 luglio allo stadio San Filippo di Messina e la possibilità di incontrarli qualche ora prima.
Ecco le domande con le relative risposte.
1) Oltre 15 anni fa: lo scenario è quello di Capo Peloro; i protagonisti, un gruppo di musicisti pugliesi pressoché sconosciuti al grande pubblico e tanta voglia di ridere e divertirsi rincorrendo un pallone. Dopo qualche anno, gli stessi deliziano l’Arena Villa Dante con la loro musica e successivamente a cena in un noto locale estivo della riviera, dove la presenza di Giuliano (con i suoi particolari vocalizzi) passa quasi in sordina. Eppure, quei ragazzi stavano scrivendo la storia della musica dei nostri giorni, fissando nei cuori delicate poesie e nella mente l’inebriante energia trasmessa, paragonabile ai paesaggi assolati di una delle regioni più belle del nostro stivale ed ai profumi ricchi di gusti forti e decisi di un buon vino! Com’è stato il processo di maturazione dei Negramaro e quali emozioni-sensazioni vi suscita ritornare nella nostra città da consolidati artisti? (Antonio Di Pietro)
«Cantare a perdifiato, sempre, come se fosse il concerto più importante della tua vita, anche quando la tua voce dovesse passare in sordina davanti a un “auditorium” vero, fatto di persone in carne e ossa (anche solo cinque), la cui attenzione è tutta da conquistare, credo sia la strada naturale e quasi necessaria che gli artisti dovrebbero percorrere in ogni momento della propria carriera. Così almeno succedeva all’epoca dei club (meglio detti, “locali”) in cui si suonava dal vivo e non esistevano le “views” o i successi nati davanti a uno schermo e a una tastiera, che annunciassero la data. Sembra si stia parlando di un’era preistorica e forse ormai lo è davvero per i “millennials”. Ma sono passati solo pochi anni da quando “girava” così… Oggi sembra che tutto debba nascere “coram populo”, subito in vetta al mondo, con un pubblico infinito che non sarebbe il risultato di una gavetta fatta chilometro per chilometro, persona per persona, cuore per cuore, ma l’equivalente numerico dei “like” lasciati sotto a un video preconfezionato. È un nuovo modo di “comunicarsi” al mondo e questo ha indubbiamente i suoi “pro”; ma se ripenso alla nostra storia non posso che immaginarmela nello stesso identico modo in cui è nata e si è sinora svolta perché solo così credo si possa sognare di tornare in una terra tanto fantastica e nel posto più grande ed entusiasmante che ci sia (di sicuro per la musica live) come lo stadio di Messina».
2) Amore che torni è un disco pieno di speranza dove il finale lascia come un vuoto. A colmare quel vuoto il rumore del mare e poi il silenzio. Nessuna ghost-track, quasi a voler mettere un punto. C’è ancora quindi da aver paura o c’è da tirare un sospiro di sollievo? (Pasquita Cucinotta)
«La ghost-track di questo nuovo album è proprio quel suono del mare che dura per tantissimo tempo, quasi a voler indicare un nuovo inizio, perennemente in movimento, rimandando al concetto di quiete e di tempesta, insomma, a tutto quello che verrà e che vi dovrete aspettare. Il mare ha dentro di sé tutto»
3) Dopo il primo contratto con Caterina Caselli, la reazione di Giuliano di fronte al potere della musica è stata: “Non so scrivere pezzi, non so stare sul palco e non so suonare. Mi arrendo di fronte alla musica”. Oggi che, dopo la parentesi di New York, riparti con i tuoi compagni di sempre per un nuovo tour, rifaresti la stessa affermazione? (Paola Venuto)
«Non ricordo queste frasi così dettagliate, non so nemmeno se siano davvero mie… Ho una cattiva autostima, si sa; ma le canzoni sono altro da me, sono tutto quello che mi rende migliore e mi spinge a sognare sempre più in alto. Poi, inevitabilmente, cado giù: ma anche quello è un volo come un altro. La musica è una cosa più grande di noi: anche di questo bisogno di rinchiuderla in affermazioni, dette o non dette».
4) Nei vostri testi si descrive l’amore in tutte le sue sfumature ma al contempo anche la necessità di rinnovare se stessi per dare un senso al proprio avvenire. L’ascoltatore diventa protagonista anche grazie all’energia trasmessa dalla ritmica e dalla profondità dei vostri arrangiamenti, sempre molto dinamici e coinvolgenti. Avere nuovi obiettivi nella vita privata è uno stimolo per l'artista o, viceversa, avere nuovi traguardi da artista offre stimoli nella vita privata? (Alessandro Muollo)
«La vita è tutto quello che passa attraverso le canzoni e le canzoni, a volte, sono così importanti da segnare la nostra stessa vita. Non sono mai “solo canzonette”, almeno per quanto mi riguarda. Sono sempre pezzi di vita vissuti, rubati, sperati o sognati».
5) Una paternità all’orizzonte. Anch’io sono padre da poco. Volevo sapere: cosa insegnerai a tuo figlio visto questi nostri giorni molto bui? (Massimiliano Cannuni)
«Vorrei insegnarle/gli ad amare tutte le famiglie che la/lo circonderanno come fosse la sua. Vorrei che amasse le “diversità” e ne facesse tesoro per tutta la sua vita».
6) Cosa pensi di ogni singolo componente della tua fantastica band? Una definizione per ognuno di loro. (Alessandro Bonanno)
«Ermanno, il mio dolcissimo sognatore e “psicologo”. Un vero saggio. Andro, il gigante buono ed “electro”. La pazienza e la sicurezza fatte persona. Lele, l’amico sempre pronto a correre per te… e corre che corre. Pupillo, un faro e un riferimento per noi tutti. Danilo, un mare in tempesta con albe e tramonti incantevoli».
7) Come vi relazionate ai social network e a vostri fan della rete e cosa pensate delle tecnologie digitali e della diffusione della musica attraverso queste? (Roberto Costa)
«Siamo davanti a una vera e propria nuova era umana. I social, la rete sono la più grande “scoperta” dei nostri tempi. Un cambiamento epocale che porta con sé un’ondata di innovazioni che fanno un gran bene all’umanità. Ma bisogna restare sempre lucidi dall’altra parte dello schermo, governandolo, pensando che comunque è qualcosa che dobbiamo saper gestire. La tecnologia può essere intesa solo al servizio dell’uomo: come ogni strumento, è infatti il mezzo, non il fine. Ricordiamoci poi che è solo una parte del tutto e quel tutto siamo noi, che attraversiamo i secoli dei secoli, sempre con la nostra pelle, con le nostre ossa, con il nostro cuore. Siamo il “social” più potente di tutti i tempi e lo siamo stati anche in passato, quando l’uomo non aveva ancora inventato le macchine».
8) In alcune vostre canzoni si sente il riferimento allo “straniero”. Cosa pensate della situazione che si sta vivendo in Italia a livello politico rispetto ai migranti? (Luca Mazzetta)
«“Migranti”, “stranieri”, … sono solo aggettivi che portano facilmente a dimenticare che dietro queste definizioni ci sono uomini, donne, bambini, persone e che quei popoli in fuga potremmo essere noi e che anzi lo siamo già stati, sebbene ne abbiamo perso la memoria. Credo che queste definizioni ci stiano allontanando da un concetto antico come il mondo: la terra e il mare sono di tutti e noi solo dei passeggeri che dovrebbero aiutarsi a vicenda per permettere al pianeta di non dover provare vergogna per i suoi stessi abitanti».
9) Giuliano, risulti essere un grande cuoco, soprattutto di primi piatti: una ricetta da dare ai presenti? (Sabrina Girotti)
«Da figlio di padre siciliano e madre pugliese, cerco di fondere sempre le due culture nei miei piatti. Un esempio per tutti: paccheri alla cernia con pomodorini, melanzane, pistacchi e menta».
10) “In bilico”: noi, più o meno giovani, come le canzoni dei Negramaro, tra ieri e domani, out e inside, parole e musica... Alla ricerca insensata di un equilibrio fino a che "non ha più limiti, hai un nuovo mondo da inventare". Giuliano Sangiorgi ha inventato innumerevoli mondi nell'immaginario della gente, ma in quello reale, con cui ci confrontiamo ogni giorno, ali, sogni e cuore bastano davvero per poter "volare”? (Caterina Scaltrito)
«Se non ci fossero i sogni verso cui tendere non avrebbe alcun senso il nostro vivere. Il sogno e l’ambizione sono davvero le ali più potenti al mondo per cominciare un volo che non finirà mai.
L’importante è saper conservare con cura la terra di cui sono sporche proprio quelle ali: quella polvere rossa ci ricorderà sempre il luogo dal quale proveniamo e quello in cui ogni volo dovrà terminare».
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