In primo grado erano state condanne pesanti. E l’accusa era infamante: il marito che aveva attenzioni sessuali particolari per la figlia, la moglie che lo copriva, la dirigente scolastica che non aveva denunciato. Era il 2014. Per una storia addirittura del 2006. Tradotto in anni erano stati ben otto per l’uomo, due anni e mezzo per la moglie, due anni per la docente. Un incubo. E solo un paio di giorni addietro, a distanza di ben dodici anni, in appello tutto è cambiato. L’incubo è finito. I giudici di secondo grado, nonostante una richiesta di conferma integrale della sentenza di primo grado, hanno assolto tutti e tre gli imputati con la formula «perché il fatto non sussiste».
Finalmente ha prevalso la tesi dei difensori che già in primo grado avevano tentato di rappresentare l’infondatezza delle accuse, gli avvocati Salvatore Santonocito e Tancredi Traclò per i genitori, gli avvocati Filippo Pagano e Alessandro Russo per la preside della scuola.
La vicenda. Un operaio oggi 49enne della zona ionica, nell’ottobre del 2006 finisce sotto accusa per violenza sessuale sulla figlia, che all’epoca aveva 7 anni. La moglie viene accusata di favoreggiamento personale, la preside della scuola di omissione di atti d’ufficio e favoreggiamento. Il procedimento penale nasce da una “presunta” rivelazione della bimba a un’assistente sociale.
Parallelamente al processo penale viene aperto un fascicolo presso alla Procura dei minoreni, ma il pm non allontana la bambina dal nucleo familiare e incomincia a monitorare la vicenda con le assistenti sociali. Le conclusioni sono favorevoli per la minore e la famiglia. Infatti il pm dispone l’archiviazione. Poi a nche il secondo procedimento aperto nel 2015 dal pm dei minori si conclude con un decreto di archiviazione. E nell’ambito della seconda inchiesta quando la bambina viene sentita dai carabinieri in presenza di una psicologa dice testualmente: “sono felicissima di stare a casa con i miei perché come ho detto ho un ottimo rapporto con la mia famiglia, non mi manca nulla da nessun punto di vista”.
Eppure nel 2014 arrivano tre condanne durissime. Poi in appello, il collegio presieduto dal giudice Maria Celi, ha ribaltato tutto, ha assolto gli imputati per tutti i reati con la formula «perché il fatto non sussiste», quindi «riconsegnando credibilità ed onorabilità – afferma l’avvocato Santonocito –, a due genitori attenti e premurosi nei confronti della figlia minore».
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