L'urologo barcellonese Attilio Manca, trovato cadavere nel 2004 nel suo appartamento a Viterbo, non è stato ucciso dalla mafia per tappargli la bocca dopo aver visitato a Marsiglia il boss latitante Bernardo Provenzano. A queste conclusioni -come riporta oggi Tuscia Web – è giunta anche la commissione parlamentare antimafia, presieduta da Rosy Bindi – che si è a lungo occupata della morte del medico siciliano. “Non è mai emerso alcun rapporto tra le cure approntate a Bernardo Provenzano per il suo tumore alla prostata e il dottor Attilio Manca” si legge in un passaggio della relazione.
Un altro passaggio interessante è quello in cui si dice che l'omicidio di mafia è un “movente che si è rivelato durante le indagini svolte dalla procura di Viterbo privo di concreti riscontri. L’intervento chirurgico subito dal latitante a Marsiglia è stato ricostruito minuziosamente, quasi al minuto, con l’individuazione di tutti coloro che vi svolsero un ruolo (accompagnatori, soggetti che avevano prenotato le visite, personale medico e paramedico)”. Tra queste persone, che oggi hanno tutte un nome ed un cognome, “non c’è l’urologo barcellonese – scrive la commissione antimafia -. Ammesso che Manca si trovasse in Francia nei periodi in cui il latitante era a Marsiglia, tale coincidenza (di cui non vi è prova certa) è da sola inidonea a dimostrare l’esistenza di rapporti diretti o indiretti tra Manca e Provenzano”.
La commissione svela poi tutta una serie di circostanze per cui la morte di Attilio Manca non può essere considerato un delitto di mafia: “non risulta, dalle indagini svolte sul latitante, che Manca abbia comunque prestato, anche solo attraverso un consulto, la sua opera in favore di Provenzano. Né risulta che per curare il corleonese la mafia palermitana abbia chiesto ausilio a quella barcellonese. Né risulta che Provenzano abbia fatto mai ammazzare chi lo aveva riconosciuto, posto che nessuno sapeva dove si rifugiava. Né risulta accertata la presenza di Provenzano a Barcellona Pozzo di Gotto”. La commissione, dunque, smonta punto per punto la teoria messa in piedi dai familiari del medico e dai loro legali secondo i quali pochi giorni prima dell’operazione il padrino sarebbe a Barcellona, nascosto nel convento di sant’Antonio.
Per la Procura di Viterbo quella dell'urologo fu una “tragedia di droga”, tanto che il tribunale laziale ha già condannato la donna che avrebbe ceduto a Manca la dose di eroina risultata fatale. Versione che la famiglia del medico ha sempre respinto sdegnosamente sostenendo che l'urologo non si era mai drogato e che le circostanze della morte lasciano molti dubbi. In particolare il fatto che le punture sono state trovate nel braccio sinistro benchè Attilio fosse mancino e che il medico non avesse proprio alcun motivo per togliersi la vita.
I legali hanno già depositato l’opposizione alla richiesta di archiviazione perchè mamma Angela e papà Gioacchino non intendono arrendersi e vogliono proseguire la loro battaglia per scoprire una verità sempre più lontana. ,