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Messina, le tangenti erano Rolex

Messina, le tangenti erano Rolex

C’è la pista dei Rolex in regalo per i “servigi” resi dai banchieri che riciclavano il denaro sporco per conto della cosca, scovati dai carabinieri del Ros dopo nuove perquisizioni effettuate tra martedì e mercoledì in abitazioni private, istituti di credito e studi professionali.

E ci sono i nuovi verbali. Tanti. Riempiti dal nuovo collaboratore di giustizia dell’operazione antimafia “Beta”, che è l’imprenditore Biagio Grasso nei mesi scorsi, in gran segreto e in una località segreta. Facendo nomi e cognomi di un sistema di potere parallelo a Messina, allargatosi a macchia d’olio in questi anni all’ombra della cellula di Cosa nostra peloritana di derivazione etnea. La “Beta” è incentrata infatti sulla cellula di Cosa nostra catanese attiva a Messina, legata alla “famiglia” Santapaola-Ercolano.

E se per un verso nella giornata di giovedì si è registrato l’atto di chiusura delle indagini preliminari per i primi cinquanta indagati dell’inchiesta, con i nomi eccellenti dell’avvocato Andrea Lo Castro, dell’imprenditore Carlo Borella e dell’ingegnere e funzionario comunale Raffaele Cucinotta, adesso si apre per la Procura di Messina una nuova puntata molto più complessa da gestire: le nuove complicità dei colletti bianchi raccontate da Grasso, i favori e gli appalti combinati, il riciclaggio dei capitali che venivano “ripuliti” con la complicità di alcuni funzionari di banca corrotti con i Rolex.

E quando i carabinieri del Ros hanno chiesto di spiegare la provenienza di quegli orologi, a quanto pare nessuno dei proprietari ha saputo “tracciare” il percorso che li ha portati a possederli. E l’inchiesta potrebbe allargarsi.

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