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Il gip: «Un fondo per le tangenti con i soldi pubblici»

Il gip: «Un fondo per le tangenti con i soldi pubblici»

MESSINA

Il gip Salvatore Mastroeni, che ha emesso i provvedimenti cautelari - per Armonium, Astaldi, D’Andrea, Gazzara e Polizzotto solo in relazione al capo 4 delle imputazioni, vale a dire il caso di corruzione, e per Sceusa solo per il capo 1, la turbativa d’asta -, è durissimo nelle sue parole giudiziarie.

«Una delle cose che più colpisce, - scrive il giudice - è la creazione di un fondo, con i soldi pubblici degli appalti, per consulenze e contatti, una riserva per tangenti e corrompere funzionari alla luce del sole e, ancor di più, che tale fondo sia stato autorizzato dall’amministrazione pubblica e come un subappalto, con un tasso di illegalità neanche facilmente immaginabile».

Secondo il magistrato «... nel caso di specie si verte in materia di appalto per la costruzione di una tratta di autostrada e risulta, come si vedrà, la illiceità della aggiudicazione, i ripetuti illeciti favoritismi verso la ditta aggiudicataria, la corruzione del funzionario pubblico che tutte le illiceità precedenti fa capire e qualificare penalmente». Una illiceità «... tanto alla luce del sole da sbalordire, ma non certo per una assurda buona fede, che le risultanze processuali escludono, emergendo la naturalezza dell’illecito trova con evidenza altra ragione, mera spregiudicatezza, basata evidentemente su un senso di impunità. Senso di impunità che purtroppo non pare nascere dal nulla, ma ha il suo fondamento nei limiti oggettivi e riscontrati dei poteri di controllo, e degli stessi poteri giudiziari».

Poi il gip tratteggia la figura dell’ex vice presidente del Cas Gazzara, che è stato anche il commissario straordinario del Consorzio: «... ed è proprio il Gazzara - scrive -, nei suoi continui rapporti con gli altri protagonisti dei fatti, ad assumere il ruolo principale in tutte le vicende, il collante dell’appalto illecito e degli illeciti a catena... attente e puntuali indagini fanno emergere fatiche procedurali immani, faticosi sforzi, violando la legge ma anche la logica, per favorire una ditta in una gara d’appalto».

Quindi il gip Mastroeni analizza il contesto in cui si inserisce la vicenda: «Incassare denaro e vendere una funzione pubblica, pur a fronte di stipendi e indennità, va assumendo sempre maggiore gravità rispetto ad un contesto economico difficile e di aumento della povertà. Alterare gare d’appalto è minare la sopravvivenza delle imprese oneste. Inserire fondi milionari per la corruzione è sottrarre il medesimo denaro alle stesse opere e ai cittadini. Fare tutto ciò in un’isola, la Sicilia, in cui notoriamente in alcune tratte le condizioni di abbandono giungono al livello di rischio della incolumità pubblica, con frane, crollo di ponti, e strade dissestate, è particolarmente grave. Sono soldi sottratti ai lavori, sono rischio di materiali scarsi o depotenziati, di controlli superficiali o di favori, di limitazione nella realizzazione delle opere. Nella fattispecie in esame - conclude il gip -, il danno, oltre quello economico e la stessa lesione della funzione, ha spesso proiezione, come già osservato, in “tragedie” in cui la responsabilità per le opere restano remote ed impunite».

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