Le piazze sono lo specchio di una città. Sono, come scrivono architetti e urbanisti di fama nazionale e mondiale, la loro memoria storica, il luogo della politica (l’antica, rimpianta, “agorà”), il loro linguaggio, la dimensione interiore, la carta d’identità. Ecco, se un elettore nella giornata di ieri si fosse presentato sprovvisto del documento di riconoscimento personale, sarebbe stato invitato dal presidente di seggio a uscire dall’aula. Lo stesso avviene per una città: se la sua “carta d’identità” è stata smarrita o è scaduta, occorre rifarla o, semplicemente, rinnovarla.
Se la si pone su questo piano, la questione di piazza Duomo, ma anche delle piazze del Popolo-Lo Sardo, Cairoli e della Repubblica-Stazione, e poi, a cascata, delle piazzette e degli slarghi delle periferie e dei villaggi, assume il suo vero significato: restituire, attraverso le sue piazze, l’identità alla nostra città.
Da qui discende una lunga serie di interrogativi ai quali bisogna dare risposta, e non rinviando a orizzonti futuristici le risposte strutturali, ma nel più breve tempo possibile, perché se la carta d’identità è smarrita o scaduta, si deve presentare denuncia subito, la si deve rinnovare nell’immediato.
E se la piazza è un biglietto da visita, quando si presenta in condizioni inaccettabili, il danno all’immagine che ne consegue è altrettanto immediato, ed è permanente, a volte irrimediabile, soprattutto agli occhi di viene da fuori, di chi arriva per la prima volta a Messina e decide di non tornarci mai più.
Prima domanda: cosa vogliamo fare di piazza Duomo? La rivolgiamo all’attuale Amministrazione, ma la estendiamo poi a tutti coloro che da oggi cominceranno a ufficializzare le proprie candidature alle sempre più vicine elezioni di giugno. La denuncia c’è stata, a firma della Gazzetta e di migliaia di messinesi, a viva voce o sui social: la carta d’identità di questa piazza è stata “rubata”. Bene, ma cosa si deve fare, dopo la denuncia? Lo abbiamo scritto e lo ripetiamo: le 24 panchine dislocate a casaccio nell’ambito di un intervento di arredo urbano del tutto slegato da un vero progetto di riqualificazione urbana, sono un inno alla bruttezza. Prendiamo atto che ieri mattina, molti le hanno utilizzate, per un breve momento di sosta o per un picnic domenicale. È questa la funzione che vogliamo di piazza Duomo? Basta essere chiari, così tutti possono regolarsi. Allora, attrezziamo lo spazio prendendo a modello l’area di Musolino, sui Colli, con belle tavolate di legno e qualche chioschetto...
È piazza Duomo, ragazzi, ce ne rendiamo conto? E se questo è il cuore storico-religioso di Messina, la piazza non dovrebbe essere concepita rispettandone rigorosamente le funzioni e il contesto? Portate architetti e ingegneri, e urbanisti e cultori d’arte e di storia patria, da tutto il mondo, e tutti inorridirebbero nel vedere così svilita e non valorizzata la piazza più importante della tredicesima città d’Italia.
E piazza del Popolo? Cosa vogliamo farne, una volta per tutte? Lottare invano contro il degrado imperante, assistere al crollo dei grossi rami degli alberi sempre più sofferenti, rassegnarsi alla sporcizia e alla sensazione d’abbandono? Con quei suoi portici, è la piazza più bella e originale di Messina. Anche qui la sua carta d’identità è scaduta, ormai da decenni, e nessuno la rinnova, se non a parole o con promesse mai mantenute.
E il discorso si amplia alle difficoltà di venire a capo delle trasformazioni di piazza Cairoli, a quella piazza Stazione diventata bivacco a cielo aperto di decine di migranti lasciati allo sbando (e avvicinati “pericolosamente” da uomini senza scrupoli), alle piazze desolate delle periferie di casa nostra. Più dei piani di riequilibrio, delle varianti, delle manovre o congiure di palazzo, è questo che sta a cuore ai messinesi: l’identità della propria città. E Messina, da tempo, l’ha smarrita.
Caricamento commenti
Commenta la notizia