L'inchiesta, denominata Gotha 7, colpisce presunti vertici e affiliati della fazione più ortodossa e militarmente organizzata, svelando i rapporti del clan barcellonese con esponenti di Cosa nostra palermitana e catanese e rivelando come l'organizzazione sia stata, sistematicamente, in grado di riorganizzarsi dopo ogni operazione di polizia. Le attività investigative dei carabinieri della Compagnia di Barcellona Pozzo di Gotto, della sezione anticrimine di Messina, della Squadra Mobile e del commissariato di Barcellona presero il via dalle dichiarazioni del pentito Carmelo D'Amico, capomafia arrestato nel 2009, e dei collaboratori di giustizia Salvatore Campisi, Franco Munafò e Alessio Alesci. Emerge la costante pressione del racket del pizzo su commercianti e imprenditori della zona con decine di taglieggiamenti scoperti. Accertati anche i tentativi di acquisire la gestione e il controllo di attività economiche, appalti pubblici e la presenza di un arsenale con armi micidiali, necessarie al clan per affermare il controllo criminale nell'area.
Dall'inchiesta Gotha 7 viene fuori una mafia molto violenta: tre arrestati picchiarono selvaggiamente un imprenditore edile che aveva osato "pretendere" il compenso per una fornitura di calcestruzzo fatta in favore di un mafioso. Il clan, inoltre, aveva imposto, attraverso una società di comodo operante nel settore della vigilanza privata, la guardiania a tutti i vivaisti del comprensorio barcellonese, in particolar modo del comune di Terme Vigliatore, vessati dai continui furti. Nell'ambito dell'indagine è emerso anche il movente della brutale aggressione avvenuta, nel settembre del 2017, in pieno giorno e nel centro di Barcellona nei confronti di un professionista che si era "permesso" di denunciare un'estorsione commessa ai suoi danni da tre membri dell' associazione, poi condannati a 8 anni.
Tra le persone indagate c'è anche l'ex consigliere comunale Francesco Salamone, eletto alle comunali del giugno del 2013 a Terme Vigliatore in una lista civica locale e sospeso dalla carica nel 2016 perché coinvolto in un'altra inchiesta di mafia, l'operazione Triade. Fra gli arrestati Antonio Merlino, ritenuto responsabile di varie estorsioni ai danni di commercianti.
Il clan aveva, inoltre, la disponibilità di enormi quantità di armi da sparo. Gli inquirenti hanno sequestrato 4 pistole semiautomatiche ed un revolver di grosso calibro, 2 fucili a pompa, un fucile mitragliatore da guerra, centinaia di munizioni di vario genere e calibro.
I Carabinieri del Comando Provinciale di Messina e della locale Sezione Anticrimine del ROS hanno eseguito 29 provvedimenti mentre 11 sono stati quelli portati a termine dagli uomini della Squadra Mobile della Questura di Messina e del Commissariato di Barcellona.L'inchiesta è stata coordinata dal procuratore di Messina Maurizio De Lucia.