Due sodalizi, uno dei quali ben strutturato, sarebbero riusciti a condizionare l’esito dei ricorsi promossi da privati per il mancato riconoscimento da parte dell’Inps di una serie di benefici assistenziali. Un’attività criminale sviluppata prevalentemente nel territorio tirrenico-nebroideo tra il 2010 e 2015, finita sotto la lente della Procura e dei carabinieri. L’operazione “Pathology” ha portato alla notifica di 69 avvisi di garanzia ma soprattutto all’esecuzione, ieri mattina, di 33 misure cautelari. Dei destinatari sono stati ristretti in carcere l’avvocato Anna Ricciardi e il medico Francesco Piscitello, ai quali la Guardia di Finanza ha sequestrato complessivamente circa 500 mila euro. Vincenzo Princiotta (consigliere comunale di Brolo), Ilenia De Luca, Rosaria Lo Presti, Mariella Di Gaetano e l’avvocato Teresa Notaro si trovano invece agli arresti domiciliari. Ancora dieci persone sono state sottoposti agli obblighi di dimora e 16 a misure interdittive dall’esercizio delle funzioni. Ritenute a vario titolo responsabili di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, truffa aggravata ai danni dell’Inps, falsa perizia, falso in atto pubblico.
I due sodalizi
Considerate figure verticistiche della principale delle due “associazioni” l’avvocato Ricciardi e il dottor Piscitello, supportate da Vincenzo Princiotta, Ilenia De Luca e Rosaria Lo Presti, gestori di patronati o studi di assistenza fiscale che avrebbero assicurato ulteriori adesioni al gruppo indirizzando la clientela. Nell’altra “squadra” gli elementi apicali sono stati individuati nell’avvocato Teresa Notaro e nell’assistente di studio Mariella Di Gaetano. Anche questo gruppo avrebbe operato con metodi analoghi, ma i casi individuati sono in numero inferiore.
Le indagini
I provvedimenti sono scaturiti da una prolungata attività d’indagine sviluppata dai carabinieri della Compagnia di Patti, i cui esiti hanno consentito di documentare l’esistenza e l’operatività dei due sodalizi, uno rodato e ben organizzato, l’altro di «lieve entità», entrambi costituiti da liberi professionisti operanti nel settore legale e in quello medico, ma anche funzionari pubblici e responsabili di enti di patronato, che avrebbero sfruttato false perizie e mendaci certificazioni mediche per permettere al cittadino che si affidava al “sistema” di ottenere, dopo un primo rifiuto dell’Istituto di previdenza, pensioni di invalidità civile, riconoscimento dello stato di portatore di handicap con diritto all’accompagnamento e altri benefit ottenendo “rimborsi” che andavano dagli 8mila euro per le cause di minori fino a quote rilevanti che si aggiravano sui 50mila euro, con un danno stimato per la pubblica amministrazione di oltre un milione di euro. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, l’assistenza dello Stato a cittadini bisognosi di sussidio per le loro condizioni di salute sarebbe stata asservita ad un disegno che «trasformava preziose risorse economiche in occasioni di illecito guadagno a scapito della collettività». Penalizzando non solo tutti coloro che contribuiscono diligentemente all’Istituto previdenziale, ma anche chi soffre di patologie tali ma magari non riceve benefit per insufficienza di fondi.
Episodi emblematici
Nel corso dell’attività investigativa, tra i tanti, sono emersi due episodi emblematici delle condotte dei gruppi. Nel primo l’avvocato Ricciardi comunicava alla cliente che il Ctu (consulente tecnico) che avrebbe giurato era un’amica del “dottore” (inteso Francesco Piscitello), invitandola a consegnare subito i soldi in contanti. In un altro Piscitello, rivolgendosi al cliente, gli riferisce che quando sceglie un avvocato bisognava «scegliersi quello giusto che si sa muovere», promettendo al contempo che, se le causa sarebbe stata patrocinata da loro, al 99,9% la vittoria in giudizio sarebbe stata assicurata, anche ottenendo il 100% di invalidità. Nel contesto dello stesso colloquio si parlava chiaramente anche di spartizione di soldi all’esito della causa, con una percentuale del 40% dedicata ai patrocinatori.
Il “peso” degli arretrati
Va evidenziato che in molti casi l’Inps doveva corrispondere all’istante non solo le indennità conseguenti al riconoscimento della malattia e del grado invalidante, bensì tutti gli arretrati che competevano al ricorrente a partire dal momento in cui aveva proposto la prima domanda di invalidità. Molte migliaia di euro, parte dei quali, talvolta sino alla metà del valore percepito, costituivano “parcella” illecita.