«La Fondazione è uno dei più interessanti casi mondiali di sperimentazione di modelli di welfare e sviluppo locale». C’è una Messina che non si rassegna alla povertà e al declino e che viene vista come modello da esportare anche ad altre realtà nazionali e internazionali. Ieri a Padova la Fondazione di Comunità, creata in riva allo Stretto dall’attuale segretario generale Gaetano Giunta, ha ricevuto il “Premio Gattamelata 2017”, forse il più prestigioso «riconoscimento nazionale per la promozione della cultura e della pratica del volontariato e della solidarietà». E nella motivazione c’è tutto il senso di un impegno: «Nasce per elaborare, promuovere, sperimentare nuovi approcci economico-sociali capaci di andare oltre i paradigmi dominanti che guardano all’uomo come ad una macchina egoista».
Messina, lo certificano tutti i report statistici, si sta svuotando e sempre più immiserendo e, oltre a un esercito di pensionati che vivono perennemente sospesi al di qua o al di là della soglia di povertà, ci sono le generazioni “fantasma”. La Caritas diocesana nel Rapporto 2016 ma soprattutto in quello che verrà presentato entro la fine del 2017 attesta la quotidiana presenza di un numero sempre più folto di giovani, tra i venti e i trent’anni, diventati abituali frequentatori delle Mense dei poveri. E sono giovani di casa nostra, non solo migranti arrivati da terre disperate. La prima terra disperata è la nostra, sono i nostri quartieri, i rioni, i villaggi, il centro che si svuota e le desolate lande di certe periferie. E allora non può non essere evidenziato il lavoro prezioso, pur con tutti i limiti di azione sul territorio, di chi sta ormai da diversi anni immaginando e sperimentando nuove forme di welfare e di inclusione sociale.
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