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Specializzarsi è una chiave in grado di aprire le porte del lavoro

Specializzarsi è una chiave in grado di aprire le porte del lavoro

La disoccupazione giovanile è una ferita lacerante, così profonda da rendere quasi incessante l'emorragia di ragazzi costretti a migrare per cercare migliori fortune rispetto alla terra che li ha visti nascere ma tristemente non è in grado di offrirgli un avvenire. Perché questo accade è legato ad una molteplicità di fattori, alcuni dei quali incidono anche su quell’esercito di ambiziosi che hanno studiato, scegliendo l'Università di Messina, ma non trovano spazi all’altezza dei propri sogni.

L’universo occupazionale è in continua evoluzione e per capire come sta cambiando abbiamo coinvolto il docente Dario Caroniti, guida del Centro Orientamento e Placement dell'ateneo peloritano. «Per quanto riguarda i nostri laureati – ha spiegato –, molto dipende dai corsi di laurea, ad esempio ingegneria o informatica raggiungono quasi il 100% dell’occupazione ad un anno dall’ottenimento del titolo, indipendentemente se nei paraggi o in altre regioni, quasi del 200% a tre anni dalla laurea con branche in crescita come quella dell’edile. Anche Medicina viaggia su buoni numeri, mentre sono peggiori ad esempio le performance di Giurisprudenza, ma questo accade anche perché prima di inserirsi nel mondo del lavoro bisogna superare la fase del tirocini, inoltre viene sempre più sbarrato lo sblocco tradizione dei concorsi pubblici».

La frontiera del privato resta sempre quella prediletta in quota maggiore, ma ovviamente non esente da insidie: «Le aziende si rivolgono al Cop, quelle locali e anche di livello nazionale, ma non sempre trovano i profili che cercano – rivela Caroniti –. Sembra paradossale ma nonostante gli indici di disoccupazione siano alti, ci sono realtà che operano nel campo delle vendite o delle cooperative sociali che faticano ad individuare profili con le abilità richieste. Potremmo chiamarlo “difetto di specializzazione”, molti ragazzi tendono a voler fare tutto e pensano di potere fare tutto, ma ormai frequentemente le imprese attenzionano chi sa fare bene una cosa, il tutto non gli serve, la genericità non è gradita. Ci è capitato di recente di venire a contatto con una struttura che ha sviluppato un progetto per minori non accompagnati, cercando delle figure con specifiche competenze pedagogiche. Sono stati occupate solo la metà dei ruoli disponibili». Anche la sfiducia o la superficialità, talvolta, possono giocare brutti scherzi: «Noi convochiamo costantemente i ragazzi ma loro non sempre rispondono alle mail o alle telefonate, per capirci quando ci attiviamo per un colloquio contattiamo circa cento ragazzi ma se ne presentano una ventina. Un altro nodo cruciale è quello dei curricula, molti sono inservibili e l’azienda non li prende nemmeno in considerazione se sono compilati male. Per questo abbiamo anche attivato dei corsi specifici, è necessario migliorarsi anche in questo». La scalata non è facile, ma non bisogna arrendersi davanti agli ostacoli: «C'è chi si lamenta delle raccomandazioni, non sarò io a negarne l’esistenza ma resto convinto che chi ha le qualità alla finisce riuscirà ad emergere».

Il Cop può rappresentare una risorsa, ha già “mediato” 80 contratti a tempo indeterminato ed effettuato circa 750 colloqui, senza considerare quelli che riguardano i contratti di apprendistato che non vengono documentati. Eppure è ancora bassissima la soglia degli studenti che sfrutta questo servizio per cercare lavoro, molti nemmeno ne conoscono l’esistenza: «Siamo a disposizione, non pensiamo di essere la soluzione ma un’opportunità». Secondo gli ultimi dati diffusi, il Centro Orientamento e Placement messinese viene considerato tra i primi quattro in Italia. Prossimamente verrà lanciato il progetto “ItsTime”, che coinvolge dieci camere di commercio italiane all’estero con l’intenzione di incrociare domanda e offerta attraverso una specifica piattaforma digitale che raccoglie profili ed esigenze reciproche: «L’idea non è limitarsi alla mera migrazione professionale in uscita, ma di fare esperienza all’estero per tornare qui, imparare una lingua straniera, sprovincializzare il mercato locale e la mentalità. La speranza è che i nostri ragazzi possano poi fare il viaggio all’inverso ma arricchiti».

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