L’interrogatorio è previsto a metà mattinata a Palazzo di giustizia. Il deputato regionale di Forza Italia Luigi Genovese e il padre, il parlamentare nazionale di FI Francantonio, la sorella Rosalia e il figlio di quest’ultima, nonché nipote del parlamentare, Marco Lampuri, saranno sentiti dal procuratore aggiunto Sebastiano Ardita e dal sostituto Fabrizio Monaco, i due magistrati che dal 2014 conducono l’inchiesta sul “tesoro” all’estero della famiglia Genovese.
Gli indagati hanno ricevuto i classici “inviti a comparire” nell’ambito del maxi sequestro preventivo di beni eseguito dagli uomini del tenente colonnello Jonathan Pace, che dirige il Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Messina, stimato in circa cento milioni di euro.
Sono tre le accuse contestate nel provvedimento del gip Salvatore Mastroeni agli indagati, che globalmente sono sette, nell’ambito dell’inchiesta sui capitali custoditi “in nero” all’estero.
Si tratta di sottrazione fraudolenta di beni al pagamento delle imposte, riciclaggio ed autoriciclaggio. Nel decreto, oltre a padre e figlio, risultano indagati e ricompresi nei vari capi d’imputazione anche la moglie di Francantonio, Chiara Schirò, il cognato ed ex parlamentare regionale di FI Franco Rinaldi e sua moglie Elena Schirò. È indagata anche la società attraverso la quale sarebbe stato realizzato tutto, la L&A Group srl (ex Ge. Fin. srl).
Secondo la prospettazione della Procura ci sono sostanzialmente tre fronti delle accuse, anche legate alla tempistica delle indagini, da cui gli indagati dovranno difendersi. Indagati che questa mattina potrebbero anche scegliere di non rispondere alle domande dei magistrati, avvalendosi cioé della classica “facoltà di non rispondere”.
Come primo step si tratta del tentativo messo in atto da parte di Francantonio Genovese di non far intercettare 16 milioni di euro che sin dagli anni ’70 si trovavano depositati in Svizzera, a Lugano, dal padre di Genovese, il senatore Luigi senior (la provenienza è “oscura”, ecco l’accusa di riciclaggio). Il tentativo sarebbe stato messo in atto attraverso la “schermatura” di una polizza assicurativa da 16 milioni, praticamente l’importo del denaro paterno, stipulata nel 2005 con la società Credit Suisse Life Bermuda Ltd.
Il secondo passaggio si sarebbe realizzato a partire dal 2013, quando sono stati spostati dalla Svizzera su un conto della banca Julius Bar, a Montecarlo, e intestato alla società panamense Palmarich Investments S.A., riconducibile a Genovese e a sua moglie Chiara Schirò, oltre 10 milioni.
Dopo le indagini della Finanza di Messina e le rogatorie internazionali richieste dalla Procura, Genovese è stato praticamente incastrato dal Fisco italiano e dalle verifiche incrociate, che ha accerto su questi capitali un’evasione di 20 milioni di euro.
Ed è qui secondo l’accusa che si è consumata la terza parte della vicenda: Genovese, nel tentativo di sfuggire all’aggressione patrimoniale nei suoi confronti da parte del fisco italiano, ha tentato di spogliarsi di tutto il patrimonio finanziario, immobiliare e mobiliare a lui riconducibile, attraverso le società “schermo” Ge.Fin. s.r.l. (ora L&A Group s.r.l.) e Ge.Pa. s.r.l., di cui deteneva il 99% ed il 45% delle quote sociali, trasferendolo al figlio Luigi.
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