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Un progetto da Oscar dell’Architettura

Un progetto da Oscar dell’Architettura

È tra i sette progetti che hanno rappresentato l’Italia nell’ultima edizione del “World Architectural Festival”, svoltasi a Berlino dal 15 al 17 novembre 2017. Ha avuto una menzione speciale (inserito nella “top five”), in quella che può essere definita la serata degli Oscar dell’Architettura. All’estero ci vedono volare alto, capaci di geniali “Visioni future”, mentre qui siamo intrappolati in una mefitica palude.

Nel progetto “Messina Policenter” c’è tutta la storia degli ultimi decenni della nostra città e c’è la cronaca attuale, sospesa tra il sogno di una città diversa e le macerie-discariche di Maregrosso. È l’idea forte del “Piau”, è la scommessa su cui si fonda il programma di riqualificazione del waterfront, è l’utopia concreta di un gruppo di grandi progettisti “di casa nostra”, riuniti in quell’Urban Future Organization che sembra una realtà “aliena” (non per niente la sigla è “Ufo”) alle nostre latitutidini. E invece lì, a Berlino, ma anche in altre occasioni internazionali, il progetto di rigenerazione urbana di Maregrosso è considerato un vero e proprio fiore all’occhiello di Messina e dell’intera Sicilia. Nato a Barcelona nel 2008, il “Waf”, World Architecture Festival, rappresenta la “vetrina” più importante per l’intera industria architettonica. Ideata e diretta da Paul Finch, la competizione onora annualmente i migliori progetti realizzati negli ultimi 18 mesi, che dimostrano «una combinazione di talento, impegno e visione futura e che meglio hanno saputo interpretare gli aspetti architettonici, culturali, formali e contemporanei del tema scelto». Progetti che hanno superato una durissima selezione e che sono stati ammirati da migliaia i visitatori e più di duemila tra architetti, fotografi, giornalisti, designers, tecnologi, compresi i più grandi protagonisti del settore, provenienti da tutti i paesi del mondo.

Bisogna essere orgogliosi del lavoro fatto dall’équipe guidata da Claudio Lucchesi, che ha creato “Ufo” e che ha stretto collaborazioni internazionali di altissimo respiro. «L’intervento di rigenerazione urbana – ha spiegato Lucchesi ai colleghi riuniti nella capitale tedesca – è risultato vincitore di un concorso internazionale per la riqualificazione del lungomare messinese. Il contributo progettuale è concepito come un perno urbano con la città e il paesaggio dello Stretto. La proposta architettonica, che disegna un nuovo skyline, tenta di creare una nuova era urbana, dove l’accessibilità ai nuovi servizi e spazi di collegamento rigenerano il territorio, conferendogli grande attrattività e competitività. La proposta formale consiste in un’architettura tripartita, articolata attorno ad un grande vuoto centrale. La tensione spaziale tra gli edifici viene celebrata attraverso un percorso verso l’alto e una riscoperta nei confronti del cielo e del panorama paesaggistico negato dal contesto post-industriale».

Si tratta di un Centro servizi che è il frutto anche di un accurato studio economico sulla “sostenibilità” dell’opera, sulle sue funzioni e sull’analisi costi-benefici. Sostituisce la famosa Torre da 87 metri troppo alta e avveniristica per Messina. Il progetto, che ha avuto finora un percorso tormentato (scaturito dall’idea originaria del Piano Bohigas), riguarda l’ambito 1 del Piano particolareggiato, la zona che va da Maregrosso alla parte bassa di via Santa Cecilia. L’edificio è stato abbassato ad un’altezza di circa 21 metri, per non superare quella della Madonnina del porto, simbolo della città.

La maggior parte delle funzioni del “Messina Policenter” sono destinate all’agroalimentare e ai servizi al viaggiatore. Il cinquanta per cento delle aree è costituito da terreni dismessi delle Ferrovie. Il progetto si sviluppa su tre corpi, ci sarà una strada che li unisce, una cintura verde con un grande parco urbano che armonizza l’intervento costruttivo con il paesaggio del waterfront. Ed è un’opera pensata anche per i giovani: oltre ai laboratori e agli spazi di vendita dell’agroalimentare, sono stati previsti un auditorium e aree esterne fruibili per eventi musicali e spettacoli. Una vera e propria terrazza sullo Stretto anche con la possibilità di espletare innumerevoli attività sociali e culturali.

I costi? Il concorso internazionale ha avuto un importo di un milione di euro. È stato calcolato che la spesa per realizzare il “Messina Policenter” dovrebbe aggirarsi sui 30 milioni di euro, ma i progettisti sono certi che l’opera si sosterrebbe da sè e non avrebbe alcun impatto sulle casse pubbliche. Tutto troppo bello per essere vero? Troppo internazionale, troppo “non messinese”?

Tranquilli, vedrete, resterà solo una “visione futura”. Ci saranno ancora tante di quelle polemiche (oltre a quelle già ben note), che accompagnano ogni opera, ogni progetto, ogni idea che cerca di andare oltre il degrado ed il provincialismo, e alla fine non si farà nulla. Perché è meglio tutelare le discariche di Maregrosso piuttosto che fare di Messina la più bella Città metropolitana del Mediterraneo, come sarebbe nelle sue corde, come dovrebbe essere per l’incanto della sua posizione e per le enormi potenzialità legate al suo ruolo strategico.

Sognare una città dove i giovani rimangono e non fuggono altrove. Dotare il territorio di grandi infrasttrutture (a cominciare dal Ponte, perché sì, ammettiamolo, sono in tanti i “nopontisti” pentiti) e di idee forti (il “Policenter”, il grande Acquario con il Parco delle Sirene e il Cdac della Real Cittadella nella Falce) che richiamano nuovi flussi di turismo, oltre al crocerismo. Difendere Messina e il suo diritto a esistere. No, dai, è troppo. Ma siamo matti?

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