Paradossi tutti italiani. Alle Eolie mancano gli insegnanti e la scuola, dopo un mese drammatico, forse comincerà solo questa mattina a Vulcano. Di contro vi sono almeno dieci docenti eoliani costretti da anni a “peregrinare” al nord Italia per lavorare e portare “qualche” soldo a casa.
E quest’ultimo aggettivo è quanto mai azzeccato visto che, tra spese vive di vitto e alloggio, a fine mese la busta paga, già debole, diventa quasi misera. Ma, in assenza di alternative...
Dicevamo dei docenti “emigrati a tempo indeterminato”. Quattro sono alla Primaria, due alle Medie e quattro alle Superiori. E alcuni sono costretti a stare lontani da casa da oltre dieci anni. Una signora addirittura da ben 14 anni. E pur con la carenza di docenti che vi è soprattutto nelle isole minori, non riesce a rientrare. È per questo che il sindaco Marco Giorgianni recentemente al premier Paolo Gentiloni e al ministro della Pubblica istruzione Valeria Fedeli ha richiesto una deroga per la scuola nelle isole minori. Con l’obbligo che priorità bisognerebbe dare ai docenti residenti in questi arcipelaghi.
«La situazione nella quale ci troviamo è davvero paradossale - racconta Graziella Bonica, di Filicudi, che insegna a Radicofani, un paesino di montagna in provincia di Siena - le nostre scuole scioperano per mancanza di organico e noi, insegnanti e madri eoliane chiamate a 1000 e 1.500 km di distanza dalla nostra terra a insegnare ad alunni di altre città. Con dispendio di energie, economico e familiare. Provo rabbia e stupore vedendo che nella pluriclasse in cui insegno in un paese di montagna, per 34 bambini, ci sono circa 9 insegnanti, tra sostegno, prevalenti, inglese e religione. E mi chiedo: ma che male hanno fatto i bimbi delle Eolie per scontare siffatta ingiustizia?».
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