Una sentenza che non ha tenuto conto di quanto è accaduto nel corso del processo. Il reato di peculato che a differenza di quanto è stato scritto nelle motivazioni depositate a giugno è invece sussistente, e deve far riconsiderare le pene inflitte, adeguandole.
Ecco i due punti-chiave dell’appello presentato dalla Procura contro la sentenza di primo grado del processo “Corsi d’oro 1”, registrata nel marzo scorso, ovvero la prima tranche del maxiprocedimento sulla formazione professionale.
Un atto che è siglato dal procuratore capo Maurizio De Lucia, dall’aggiunto Sebastiano Ardita e dai sostituti Fabrizio Monaco e Antonio Carchietti.
I motivi tecnicamente scanditi dai magistrati dell’accusa nel loro atto sono, ovviamente secondo la loro valutazione, essenzialmente due: una “Erronea valutazione dei fatti, con richiamo ai precedenti del giudizio cautelare ed omessa valutazione degli esiti del dibattimento”, e una presupposta “Erronea applicazione della legge penale” sul fondamento del peculato e le sue caratteristiche distintive rispetto alla truffa, con “l’errore in fatto” che avrebbe commesso il tribunale che si “riverbera sulla applicazione della legge penale”.
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