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Il ministro Orlando ha chiesto la sospensione del giudice Amato

Il ministro Orlando ha chiesto la sospensione del giudice Amato

Il ministro della Giustizia Andrea Orlando, a quanto si apprende, ha chiesto la sospensione cautelare del magistrato dalle funzioni e dallo stipendio e il collocamento fuori del ruolo organico della magistratura del giudice 58enne della Corte d’appello di Reggio Calabria Gaetano Maria Amato, arrestato a Messina per pornografia minorile. Sarà ora la commissione disciplinare del Csm a vagliare l’istanza del Guardasigilli.

Intanto ieri si è tenuto al carcere di Messina-Gazzi l’interrogatorio di garanzia “blindato” del magistrato, che deve difendersi dall’accusa, pesantissima, prevista dall’art. 600 ter del codice penale: pornografia minorile. Un’interrogatorio “secretato” davanti al gip Maria Vermiglio, che ha siglato l’ordinanza di custodia cautelare, e che ha visto come rappresentante della Procura l’aggiunto Giovannella Scaminaci, il magistrato che ha condotto l’inchiesta “coperta”.

Amato è assistito dall’avvocato Salvatore Silvestro, che non ha rilasciato dichiarazioni al termine dell’interrogatorio, limitandosi a dire che proporrà ricorso al tribunale del Riesame. Anche la possibilità per il difensore di poter estrarre copia degli atti dell’inchiesta, a quanto pare, sarebbe stata inibita nelle corso delle prime 48 ore dopo l’arresto, sempre per tutelare le vittime.

La notizia diffusa dalla Procura con un breve comunicato dell’arresto del magistrato, questo «a tutela delle vittime», ha destato un clamore enorme e non soltanto tra Messina e Reggio Calabria, le sede dove il magistrato ha lavorato negli ultimi anni.

Le previsioni di reato dell’art. 600 ter c.p., un cosiddetto “contenitore” di più condotte legate alla pornografia minorile, riguardano più tipologie di comportamenti.

Ma in concreto cosa avrebbe fatto il magistrato per finire in carcere con questa pesantissima accusa? È l’interrogativo principale che in queste ore rimbalza sia nell’opinione pubblica sia nel mondo giudiziario di Messina e Reggio Calabria.

Al centro, secondo indiscrezioni, ci sarebbe un’inchiesta portata avanti da più uffici giudiziari sul piano nazionale, con il supporto della Polizia postale, che avrebbe poi individuato una vera e propria “rete”, e quindi individuando sui supporti informatici adoperati dal magistrato uno scambio di email e di foto con altri soggetti e con contenuti pedopornografici.

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