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Pensioni ridotte, ex funzionari vincono primo round contro l’Inps

Pensioni ridotte, ex funzionari vincono primo round contro l’Inps

Era e rimane una di quelle controversie che fanno dubitare del fatto che il diritto sia, in Italia, una cosa certa. Un caposaldo di cui ci possa fidare per la vita propria e della propria famiglia. Ma adesso per una ventina di quei 90 lavoratori cui l’Inps aveva clamorosamente ridotto la pensione già calcolata, decretata e per molti già percepita da anni, sono arrivate alcune pronunce sospensive favorevoli delle Sezioni Unite della Corte dei Conti. I loro legali, gli avvocati Fernando Rizzo e Andrea Vadalà sono riusciti a bloccare a sospendere quelle procedure di indebito arricchimento che l’Inps aveva già avviato con conseguenze pesanti, materiali e psicologiche, per decine di pensionati. Il giudizio – sia chiaro – va avanti, è solo una prima tappa, ma per quelle famiglie sa di vitale conforto.

Ricordiamo la questione. In virtù di un orientamento giurisprudenziale che farebbe prevalere sui diritti acquisiti del lavoratore l’interesse pubblico a riavere somme ri-classificate indebite, dal 2014, l’Inps di Messina aveva avviato la procedura di restituzione delle somme per una novantina di pensionati statali: ex funzionari dell’Università che, posti in servizio al Policlinico, erano stati equiparati ai dirigenti non medici di primo livello: ciò in base alla legge del tempo, non certo per atto discrezionale. Alla fine del rapporto di lavoro, dunque, la loro pensione era stata calcolata e decretata anche sulla base di quell’indennità aggiuntiva percepita in stipendio, con il contestuale pagamento dei contributi previdenziali ed assistenziali. Ma, come detto, nel 2014, è scattata l’inversione di rotta. Nel calcolare buonuscita (Tfs) e pensione, si è iniziato a escludere dal novero delle somme utili ai fini pensionistici la differenza con lo stipendio da dirigente non medico. Il tutto con effetto retroattivo: tra il 2014 e il e il 2015 una prima pioggia di lettere ha raggiunto quanti era già in pensione da 4-5-6 anni, e venivano ora chiamati a restituire importi ingenti (fino a 100.000 euro) qualificati come indebite; da qui la scure sul Tfs e la pensione e tagli mensili da 800-900 da gettare nell’angoscia chi legittimamente si è accollato mutui o locazioni. Ovviamente, sono arrivati i ricorsi. E ora le prime “vittorie”, sia pure ancora solo in sede di sospensiva.

«Avverso quei provvedimenti – ricordano gli avvocati Fernando Rizzo e Andrea Vadalà – abbiamo inoltrato i primi ricorsi alla Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale di Palermo, che con vari giudici e diverse ordinanze (numeri 123, 124, 125, 126, 133, 146, 147 del 2017 ed altre) ha accolto l’istanza cautelare, sospendendo il provvedimento di recupero indebito disposto dall’Inps». «L’ordinanza cautelare – sottolineano – si fonda sull’orientamento delle Sezioni Unite della Corte dei Conti numero 2 del 23 maggio 2012 in materia di recupero dei ratei pensionistici indebitamente erogati» così come su altre sentenze sia della Corte del Conti a Sezioni Unite (7/2007) che della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, la recentissima 482 del 2017. «Nel merito – sottolineano Rizzo e Vadalà – le pensioni andranno ripristinate e rettificate nella misura originaria, e per i nuovi pensionati calibrate sulla retribuzione del dirigente sia in base a quanto disposto dalla Corte Costituzionale nella citata sentenza 128 del 1981, sia perché la voce stipendiale della retribuzione del dirigente è per legge utile ai fini della buonuscita e da inserire nella quota “A” del calcolo della pensione».

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