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Gli spari al “M’Ama”, processo per Cutè e Aloisi

Gli spari al “M’Ama”, processo per Cutè e Aloisi

Il 30 ottobre. Davanti al giudice Daniela Urbani. Con lo “sconto di pena” del rito abbreviato. Sarà questa la scena giudiziaria della sparatoria al lido-discoteca “M’Ama” di questa estate, che ha portato in carcere il 22enne Alessandro Cuté e il 25enne Gianfranco Aloisi dopo il ferimento della 34enne Tania, la giovane di Briga Marina. La Procura ha infatti chiesto il giudizio immediato e contesta ai due il reato principale di tentato omicidio.

Dopo la richiesta di giudizio immediato da parte del sostituto procuratore Antonio Carchietti i legali dei due giovani, gli avvocati Salvatore Silvestro e Franco Rosso, hanno optato per il rito abbreviato, che consente lo “sconto di pena” di un terzo sul valore complessivo degli anni da scontare.

Ed è a questo punto che salta fuori l’ennesima novità in questa vicenda rispetto alla qualificazione del reato, che è per così dire “oscillata” tra la tipologia delle lesioni e quella del tentato omicidio.

Agli atti c’è l’ordinanza del tribunale del Riesame che ha di recente confermato la detenzione in carcere per Cutè e Aloisi, riqualificando il reato in lesioni, così come aveva ipotizzato la Procura nell’imminenza dei fatti, mentre il Gip convalidando i fermi aveva valutato poi la vicenda come tentato omicidio.

Adesso però c’è un dato netto rispetto alla contestazione accusatoria, visto che la Procura con la richiesta formale di giudizio immediato ha detto chiaramente che ritiene la spedizione punitiva davanti alla discoteca assimilabile alla fattispecie del tentato omicidio e non delle lesioni. Ed è sulla base di questa contestazione che l’accusa andrà avanti in udienza. Sarà quindi il 30 ottobre la data cruciale di tutto, quando si confronteranno le tesi di accusa e difesa su questo punto, che non è un particolare di poco conto. Perché proprio dalla qualificazione del reato dipenderà anche l’entità della condanna che eventualmente sarà decisa dal gup Urbani a carico dei due.

La recente ordinanza del Riesame ha apportato elementi nuovi alla vicenda, anche un nuovo testimone che ha raccontato la sua versione dei fatti, aggiungendo particolari importanti: Cutè si adirò perché negandogli l’ingresso in discoteca gli diedero del «muccuso» (bambino), davanti al suo gruppo di Mangialupi, e organizzò la spedizione punitiva per vendicarsi.

«I tabulati del traffico telematico Wind-H3G - hanno scritto poi i giudici del Riesame -, consentivano di verificare che l’utenza in uso ad Aloisi Gianfranco aveva agganciato alle ore 22.39 e alle ore 0.00 C.da Fontanella Canale, zona a monte della località Grotte dove si trova il locale M’Ama; successivamente celle collocate in zona Sud (00.06 via Matarrese e 1.23 via Comunale) e quindi alle ore 2.18 nuovamente C.da Fontanella Canale. Si deve pertanto concludere che Cutè e Aloisi, dopo essersi temporaneamente allontanati dal M’Ama a bordo di una Smart, vi erano ritornati per porre in essere una grave azione ritorsiva e intimidatoria al fine di vendicare l’affronto della mancata autorizzazione all’ingresso, subito peraltro alla presenza di conoscenti come il ... e di altri soggetti provenienti dalla zona di Mangialupi, notati sui luoghi da quest’ultimo. Un gesto eclatante e immediato si rendeva inoltre necessario, in un’ottica criminale, per ristabilire il prestigio e l’autorevolezza del Cutè nel contesto delinquenziale di riferimento, messa a repentaglio dell’offesa e dal dileggio di questi subito davanti al locale, davanti a conoscenti».

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