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Non è vero poi che a Messina si dice no a tutto...

Non è vero poi che a Messina si dice no a tutto...

E il rischio sismico? E la liquefazione dei terreni? E la paura dei maremoti?

Quando si vuole far costruire, tutti gli ostacoli insormontabili che vengono frapposti alla realizzazione di opere davvero utili alla città vengono meno, spariscono con un colpo di bacchetta magica. È la storia di Messina, cari concittadini, ne hanno approfittato molti in passato, e altri ne continuano ad approfittare oggi.

Le immagini che vedete qui accanto raffigurano una porzione di territorio che si affaccia sul Tirreno: siamo nella contrada Calamona devastata dagli incendi, sul litorale di San Saba, proprio dirimpetto al mare. Come sempre accade in queste occasioni, non c’è nulla di abusivo. Tutto è in regola, come lo era quando hanno devastato intere colline, ai tempi degli emendamenti alla Variante generale al Prg. I lavori del nuovo complesso edilizio sono cominciati nello scorso mese di aprile e si concluderanno nel 2020.

Ma guardate bene il cartello: spicca la parte relativa all’autorizzazione concessa dall’Ufficio del Genio civile di Messina nel novembre 2015.

Ed ecco allora che sorgono tante domande che, forse, meriterebbero qualche risposta. Siamo a un passo dal mare, alla confluenza di un torrente, nel pieno di una zona fragilissima ulteriormente indebolita dai criminali incendi di questa estate. Bene, ma il complesso edilizio sorgerà lo stesso.

Può essere allora che i problemi del rischio sismico-maremoti e idrogeologico riguardino solo alcune zone della città e non altre? Si parla di recupero delle ex Zone industriali (Zir e Zis) che in gran parte versano in uno stato indecoroso di degrado e di abbandono, ma il trasferimento di cubatura previsto nell’ambito della Variante di salvaguardia ambientale, con l’obiettivo di non consentire più l’edificazione su colline e argini di torrenti, viene visto come la scelta di chi vuole favorire chissà quale speculazione edilizia. E viene da ridere, in una città che ha vissuto negli ultimi 30-40 anni solo di speculazione edilizia.

Il “Piau”, l’ambizioso Programma di sviluppo e riqualificazione urbana ideato dall’allora ex assessore della giunta Buzzanca Gianfranco Scoglio e, pur rimodulato in varie parti, portato avanti nel segno della continuità amministrativa dall’assessore della giunta Accorinti Sergio De Cola, prevede la rigenerazione urbana del litorale di Maregrosso (c’è bisogno di ricordare in quali condizioni si trova, da tempo immemorabile, questo fazzoletto di paradiso che noi messinesi abbiamo deciso di trasformare in un girone d’inferno?). Il progetto viene ammirato e lodato alla vetrina internazionale in corso a Seoul, nella Corea del Sud. Ma non si può fare, perché c’è il rischio dei terremoti, dei maremoti, della liquefazione dei terreni. E lo stesso vale per un’altra opera pubblica di vitale importanza per Messina: il nuovo porto di Tremestieri, che è stato rimesso in discussione proprio alla vigila dell’apertura del cantiere.

Ville e villette, case, casette e casermoni. E nessun’opera vera e utile. E Messina si spopola, ogni giorno di più. Ha un senso tutto questo?

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