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Gea nei versi del nonno

Gea nei versi del nonno

Poi il silenzio di sempre venne a stringere il collo alla notte mentre le acque in verde bluastro della bellezza cantata, continuavano a battere gli scogli.

Ma, là in agguato, una mano compagna di strada della vita, ghermiva gli anni a fanciulla innamorata del mare.

Da sopra il monte, moneta d’oro incompiuta, la luna, passando tentò di dire qualcosa, e gli oleandri, fragili e intimi porsero i loro fiori.

L’ultima luce del giorno svelò dopo, al bordo delle pietre, il confine tra vita e morte affidandolo ad altri contorni che sbiancano come calce l’onda accarezzando innocenza di rosso fiore.

Eterna ammutolisce la parola sullo stesso confine della bellezza ove il tempo semplice e innocente questa volta ha lasciato libero un nome di aquilone.

Non è dato sapere se ci saranno ancora parole per cantare la bellezza bluastra del mare, per accarezzare quelle acque, i fiori e le erbe di Gea e i sogni nelle forme del bello dei suoi quaderni, ove la vita continua in luogo impossibile da dimenticare, come fosse suono di pianoforte, anni d’amore di una goccia d’acqua che si percepisce come perpetua, al mascherone della fontana, nella carezza della sete, punto esistenziale di riferimento sottratto un giorno alla vita con violenza di piccone.

Gea , addio.

(di Giovanni Torres La Torre, nonno di Gea)

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