Irrompe il gruppo Sciotto. L’idea di rilanciare in grande il calcio messinese arriva anche in provincia. «Sì, abbiamo in mente un programma ambizioso per il calcio messinese..». Pietro Sciotto è il fondatore di un importante gruppo che vanta 13 concessionarie di automobili in tutta la provincia. Soprattutto nella fascia tirrenica. Di recente è presente anche nella zona sud proprio del capoluogo messinese. Il 45% delle concessionarie a Messina e provincia porta il suo marchio. È un imprenditore e anche un tifoso, consapevole che oggi più che mai va fatto qualcosa per rilanciare il Messina. L’idea è nata quasi per caso in famiglia: «Prendiamo la squadra?», si sono detti negli occhi due dei quattro fratelli. In pochi giorni è maturata la decisione di tuffarsi in una avventura che richiede coraggio e soprattutto tanti soldi.
Il programma è ambizioso e di durata quinquennale con la conquista immediata del professionismo e un consolidamento triennale in terza serie in attesa di poter ambire a qualcosa di più importante. L’idea è quella di presentare al sindaco la manifestazione d’interesse per la costituzione di una nuova società. Ieri sera c’è già stato un primo contatto tra il rappresentante del gruppo Sciotto, Pasquale Squadrito, e l’assessore allo Sport, Sebastiano Pino. Il gruppo Sciotto partirebbe almeno con il 70%, eventuali due soci al 15% andrebbero a completare un pacchetto dirigenziale ambizioso e pronto a raccogliere una sfida difficile, impegnativa e piena di rischi, ma al contempo affascinante. Pietro Sciotto è pronto al grande salto. Primogenito di una famiglia di imprenditori e politici (Pippo è il sindaco di Pace del Mela, Matteo è il primo cittadino di Gualtieri Sicaminò, il fratello più piccolo – Gino – è avvocato e presidente nazionale del Fapi), due figli (Salvatore, pilastro dell’azienda di famiglia, e Paolo, che lavora al suo fianco e da quest’anno è anche il patron della neonata Tirrenia, campionato di Promozione, ndr) è a capo di un “colosso” che vende qualcosa come tremila auto all’anno.
Ci spiega come nasce l’idea di voler rilanciare il calcio messinese?
«Sono sempre stato un tipo ambizioso. Ho cominciato a misurarmi proprio nel calcio, prima da allenatore e poi da presidente. Nel ’99 sono stato a capo del Milazzo per sei mesi al fianco di Oliva. Già in quel periodo sognavo, un giorno, di poter puntare alla carica di presidente del Messina. Un pensiero che derivata dal tifo, mai nascosto, per la squadra giallorossa. Pensi che in un Messina-Milazzo al “Celeste” andai in panchina e non esitai a chi mi stava accanto a sottolineare che il mio primo amore fosse proprio il Messina. In passato sono stato più volte vicino ad entrare nel club giallorosso. Già dai tempi dell’As a metà degli anni ’90: rifiutai la proposta di La Malfa e Trimarchi perché la società – che navigava affannosamente nel Cnd – era oberata dai debiti. Di recente, ho avuto anche l’occasione di entrare ai tempi di Lo Monaco. Ma le società con evidenti passività non mi attirano, è una filosofia aziendale che ho sempre sposato nella mia attività imprenditoriale. Per vincere bisogna sempre avere bilanci in parità».
Quindi, Proto fallisce a Messina, l’Acr è esclusa dai professionisti e cosa succede?
«Nei giorni scorsi, in una delle tante riunioni con mio fratello Pippo, emerge la reale volontà del gruppo Sciotto di fare calcio in un momento difficile per i giallorossi. Cioè, quelle condizioni venute a mancare nelle occasioni in cui avrei potuto rilevare il club si sono materializzate nell’ultima settimana. Partire da un club senza un euro di debito è la condizione ideale per un imprenditore molto attento ai bilanci come il sottoscritto. Non mi misurerei mai in una situazione che reputo già perdente in partenza. Il Messina degli ultimi anni, per esempio, era una sfida già persa ancor prima di cominciare. Purtroppo i fatti mi hanno dato ragione».
La scintilla com’è scattata?
«A darmi la spinta decisiva a presentare la mia candidatura è stato l’amico Pasquale Squadrito (storico parrucchiere, ndr). Mi ha convinto dicendomi che è il momento giusto per mettere al servizio del calcio giallorosso le nostre ambizioni. Ho la presunzione di dire che ho competenza nel calcio e abilità nell’imprenditoria. Da uomo di calcio, avendo allenato tanti anni tra i dilettanti – negli anni ’80 ha guidato Falcone e Saponarese e portato la Gualtierere a ridosso della serie D –, conosco le dinamiche dell’ambiente. Avrei potuto prendere più volte il Milazzo, ma non avrei mai potuto puntare in alto. Dove spero di poterci arrivare, con l’eventuale sì del sindaco, col Messina».
Ci illustra le linee guida del progetto?
«Entusiasmo, competenza, autostima, professionalità e bilanci in ordine. La mia società dovrà basarsi su tutti questi aspetti. Sono un imprenditore rigoroso: dai miei dipendenti (80 tra Messina e soprattutto provincia, ndr) pretendo il massimo. La mia visione prevede una società con poche teste. Ci deve essere un leader a cui spettano i poteri decisionali e soci pronti a fare la loro parte. Non ho mai concepito una società a quote uguali: litigano marito e moglie, figuriamoci tanti soci a pari quota in un’azienda! Per questo la mia idea è quella di scendere in campo con una quota maggioritaria, almeno il 70%, e imprenditori di fiducia a completare il pacchetto societario che sposino in tutto e per tutto il progetto. Non partirei mai in una società con un socio che non fosse del tutto convinto di ciò che ci sta iniziando».
Quindi, il suo progetto sarebbe slegato da quello avviato da Barbera?
«Io non chiudo le porte a nessuno. So che lui ha già presentato il suo programma, se fosse interessato potrebbe unire le forze e partecipare al nostro. Chiaramente potendo attingere al 30% che inizialmente metto a disposizione di chi ha voglia di scommettere sul calcio messinese. Ma, sia chiaro, se nessuno dovesse farsi vivo, il gruppo Sciotto è pronto a prendere il 100% delle quote e a portare in alto il Messina».
Programma pluriennale: quali sono gli obiettivi?
«Non mi piace sbandierare chissà quali traguardi. L’idea progettuale è consolidare la Serie C in tre anni partendo, ovviamente, dalla vittoria del prossimo campionato di D chedovrà maturare tra le mura storiche del “Celeste”. Il sogno è arrivare entro cinque stagioni tra i cadetti, quella che reputo la categoria, per le potenzialità economiche, della città di Messina. E da lì, un giorno, si potrebbe pensare ad altro. Ci è riuscito il Chievo, perché l’impresa non può ripetersi anche qui?».