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Quando finirà l’agonia di Messina? Dibattito aperto

Quando finirà l’agonia di Messina? Dibattito aperto

“Quanto deve durare l’agonia di Messina?” Il titolo pubblicato sul nostro giornale nell’edizione del 16 luglio ha suscitato molto interesse, con decine di migliaia di visualizzazioni e una valanga di reazioni e di commenti da parte di lettori e di navigatori del web, frequentatori delle pagine social di Gazzetta del Sud e del giornalista Salvatore De Maria di Rtp.

«Non c’è speranza di cambiamento. Ormai è solo desolazione», è l’amaro post di Giovanni Carrisi. Non la pensa così Andrea Bernava: «Non bisogna gettare la spugna. Ci rialzeremo». «Una città splendida – scrive Tony Baialardo – ridotta a squallore, derisa e violentata ormai da oltre 30 anni». E Giuseppe Chillè rincara la dose: «Sono veramente rammaricato nel vedere la mia bellissima città sprofondare sempre più in basso». «È gravissimo quello che sta accadendo – aggiunde chi si firma col nome Nelly Nelly mia –, agonia... ci vuole uno bravo». Marco Papisca: «Ignoranza e maleducazione, indolenza e apatia. Sono queste le peculiarità di questa città. Non vedo segni di inversione di tendenza e il futuro è decisamente nero». E Luigi Costantino inserisce il suo commento: «Infatti, a Messina sembra di stare nel girone dantesco degli ignavi». Giovanna De Luca invita tutti a «ricordare queste cose quando andiamo a votare». Ketty Ragno si rivolge ai giornalisti: «Continuate a denunciare e con nomi e cognomi. Dal sano giornalismo sono nate le grandi rivolte culturali e sociali». Si rammarica Salvatore Currò: «Peccato... Dove sei Messina e dove sono i veri messinesi, oro di questa magnifica terra ormai martoriata da personaggi di cartone a tutti i livelli?».

Cosimo Galletta è uno dei messinesi “di fuori”: «Sinceramente sono 5 anni che non vivo più a Messina, mi spiace vedere una città morta, ma non c’è futuro per le nuove generazioni e quelle come le mie, la classe politica è inadeguata, nemmeno lo cito più il pacifista tibetano, persona onesta, onestissima, ma incompetente a governare la città, mi spiace ma a Messina non c’è più futuro». Francesco Caruso alza il livello della polemica: «E voi che quando viene un buffone di parlamentare gli srotolate i tappeti... Come quel Delrio, con quella falsa idea dell’Area dello Stretto... Il compartimento marittimo si trova a Reggio, il porto commerciale a Gioia Tauro, l’aeroporto a Reggio e lui vuole ampliare le corse degli aliscafi per far comodo a loro... Che dire del commercio a Messina che parla catanese... Adesso ci mancava la squadra della nostra città... Non mi parlate di sindaco e di primo cittadino, perché se la città è di serie A lo è il sindaco, ma se la città è retrocessa nella merda, lui rimane sempre il primo cittadino della...». Disperato l’appello di Adele Maria Orlandi: «Salvate Messina dalla distruzione, è una città bellissima, chi la ama si indigna per il suo degrado».

Un solo verbo per Carlito Brigante: «Scappareeee». E una sola parola per Angelo Fittaiolo: «Vergogna». Ancora Giuseppe Andò: «Sono riusciti ad uccidere la mia adorata Messina. Classe politica di merda. Non c’è rimasto niente. Bastardi!». Luigi Costantino ritiene che l’unica ancora di salvezza possa venire dall’esterno: «Per rinascere la città ha bisogno di progettazione e investimenti a lungo termine. Attirare i ricchi stranieri, arabi, cinesi, russi, dando loro in concessione determinate aree della città. In primis, risanare tutto il porto e l’affaccio a mare, da nord a sud». Ironico, invece, Antonio Ingemi: «Tutto questo finirà nel momento in cui eleggeremo un sindaco in giacca e cravatta, modello quelli che c’erano prima e che tanto bene hanno fatto per la nostra città, soprattutto negli ultimi vent’anni...».

Giuseppina Dazi la vede nerissima: «È una città che sta morendo e nessuno fa niente per salvarla». Il prof. Pierangelo Grimaudo scrive direttamente al cronista: «Ho letto l’editoriale che ho apprezzato in particolar modo. Condivido il rilievo sulla pochezza del dibattito in città e sull’evanescenza di chi, ponendosi come alternativa al potere costituito, si innamora di un miraggio o è ossessionato da un fantasma: il Ponte. Messina per essere città ha bisogno di una “visione” di se stessa. Il che significa un orizzonte socio-economico ambizioso da perseguire con i piedi per terra di una buona amministrazione. E poi senso dell’appartenenza, speranza, volontà, responsabilità».

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