«Cristian è stato un dono per la sua famiglia, per i suoi amici, per tutti quelli che lo hanno conosciuto, per chi è entrato nella sua casa e per chi ha visto un suo sorriso».
È iniziata così l’omelia che padre Riccardo Cardullo, parroco di Zafferia, ha dedicato al 16enne affetto da tetraparesi spastica che, con un polmone, viveva da anni nella muffa delle case “fantasma” e che, dopo un mese in ospedale, due giorni fa ha smesso di respirare.
È iniziata ricordando a tutti quell’esempio di immensa determinazione dato dal “piccolo” Cristian che, per 16 anni, ha cercato di aggrapparsi con tutte le sue forze alla vita. Le campane della chiesa, per lui, non hanno suonato a lutto, ma a festa.
«Perché da oggi il cielo ha un angelo in più – ha detto ancora padre Cardullo rivolgendosi alla sua mamma – tutti siamo certi di avere un angelo custode, ma nessuno di noi sa chi è, da oggi Maria – così viene chiamata a Zafferia la madre di Cristian – invece sa chi sta vegliando su di lei».
I parenti, il vicinato, gli amici più stretti, chi lo aveva visto crescere e sorridere, nonostante fosse costretto a vivere su quel lettino, non ha potuto trattenere le lacrime. Chi, in questi anni, aveva cercato di aiutare la sua famiglia facendo il possibile per garantire a Cristian assistenza, medicine, sostegno. A volerlo salutare per l’ultima volta con una corona di fiori bianchi sono stati anche i medici del reparto di Odontoiatria del Policlinico, di cui il 16enne era un affezionato paziente.
Ma anche chi, negli ultimi tempi, aveva provato a trovargli una casa meno tossica, pur non riuscendoci, come l’assessore Sebastiano Pino, a cui certamente va riconosciuto il merito di essersi impegnato più dei suoi predecessori, più di quell’Iacp che per anni è stato sordo alle richieste di intervento e alle segnalazioni della mamma di Cristian, ma anche dei tanti residenti delle case popolari di Zafferia.
Per completare l’opera, l’Istituto autonomo case popolari ha persino negato la possibilità di far abitare il piccolo Cristian in una delle “botteghe” sfitte di sua proprietà, che il Comune è stato poi costretto a requisire. Nessun rappresentante dell’Istituto autonomo ha ritenuto “umano” partecipare ai funerali di un bambino che non aveva alcuna colpa, se non quella di avere diritto a una casa più dignitosa. È forse anche per questo che la sua mamma, appena la bara si è alzata sulle teste dei presenti per lasciare la chiesa, ha lanciato uno straziante urlo di dolore.
Il carro funebre, tra la commozione, ha attraversato tutto il villaggio di Zafferia passando anche dalla palazzina “fantasma” dove Cristian viveva. L'ultimo saluto anche lì, per poi abitare una casa che adesso ha le pareti candide del paradiso.