La “batosta giudiziaria” per il noto commerciante Sandro Pesce è arrivata nel primo pomeriggio di ieri. A Palazzo di giustizia non si respirava quasi per l’afa opprimente. Dopo una mattinata di continuo andirivieni di tutti tra l’aula e il bar per dissetarsi, e la camera di consiglio della prima sezione penale che sembrava non finire mai, alle tre passate la presidente Silvana Grasso ha letto «nove anni di reclusione» per Pesce. Un anno in meno della condanna che aveva chiesto l’accusa. Ma sempre una pena molto dura.
È stata la condanna più alta, che ne ha sostanzialmente “provocate” altre tre in questa vicenda, vista la ricostruzione delle indagini. Perché Pesce, che in città è conosciuto da tanti come creatore dei negozi storici di abbigliamento “Acquarius” e “Semplice”, poi naufragati in bancarotta dopo una «sistematica evasione» tra il 2008 e il 2011, ha inguaiato secondo l’accusa altre tre persone della sua cerchia di parenti e amici, anche loro condannati ieri: il notaio e cognato Vittorio Quagliata (6 anni), Gaetana Inferrera (4 anni e 5mila euro di multa), Giancarlo Restuccia (un anno e mezzo, pena sospesa, era accusato soltanto di favoreggiamento per aver cercato di occultare alcuni atti nel corso dell’inchiesta).
Secondo la sentenza di ieri quindi, la bancarotta fraudolenta della “Margan Srl”, che vedeva come figura centrale il noto imprenditore oggi 68enne del settore dell’abbigliamento, nelle sue pieghe ha quattro colpevoli. E il commerciante secondo l’accusa sarebbe riuscito a occultare ricavi per oltre 13 milioni di euro, ed evitato di versare l’Iva per oltre 3 milioni e mezzo di euro.
Per gli altri sei imputati di contorno iniziali di questo processo invece, ovvero Maria Ferrara, Rosa Maria Zocca, Giuseppe Leone, Margherita Bagnoli, la cittadina filippina David Remedios - la donna delle pulizie di Pesce che si vide intestato un conto -, e l’impiegato di banca Luigi Giannetto, si sono registrate assoluzioni “forti e chiare”. Per Remedios, Ferrara, Zocca, Leone e Bagnoli con la formula «perché il fatto non costituisce reato», e per Giannetto con la formula «per non aver commesso il fatto».
Ci sono anche da registrare assoluzioni parziali, che riguardano Pesce e la Inferrera, in relazione ad alcune annualità di mancato versamento delle imposte: sia perché in alcuni casi una delle imputazioni iniziali «non è più prevista dalla legge come reato», sia «per non aver commesso il fatto». Ed ancora Pesce e Giannetto hanno usufruito in un caso della prescrizione.
Le pene accessorie. Per Pesce e Quagliata decisa l’inabilità all’esercizio d’impresa commerciale e l’incapacità ad esercitare uffici direttivi per dieci anni. Per Pesce dichiarata l’interdizione perpetua dai pubblici uffici (per Quagliata e Inferrera per 5 anni), ed in più, sempre per Pesce, è stata decisa la libertà vigilata per un anno.
All’udienza scorsa del 17 marzo il pm Federica Rende aveva sollecitato 10 anni di condanna per il commerciante Pesce, 6 anni e 6 mesi nei confronti del notaio Vittorio Quagliata, 5 anni e 3mila euro di multa per Gaetana Inferrera, 5 anni per Margherita Bagnoli, 2 anni per Luigi Giannetto e un anno per Giancarlo Restuccia. Il magistrato aveva chiesto invece l’assoluzione per Rosa Maria Zocca, David Remedios e Maria Ferrara.
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