Sette morti silenziose. Sette tragedie private. Avvenute tra il 2006 e il 2013. Amianto e gas “killer”. E sono tutti operai che hanno lavorato alla Raffineria mediterranea di Milazzo. Si chiamavano Salvatore Currò, Francesco Di Maio, Giuseppe Pollicino, Salvatore Saporita, Salvatore Scolaro, Nunziato Sottile e Aldo Colosi. Sono tutti deceduti, in un arco di tempo compreso tra il 2006 e il 2013, per patologie oncologiche o legate a problemi polmonari, come broncopatie, fibrotorace.
Cosa c’è dietro queste morti? Potevano essere evitate con una campagna di prevenzione mentre erano impegnati a prestare la loro opera nel complesso industriale? Cosa hanno inalato, anche in periodi che risalgono agli anni ’80, i poveri operai che lavorarono ai tubo-alternatori, alla stazione laminatrice, alle linee di vapore, alla saldatura e alla pulitura?
Ruota intorno a questi interrogativi la clamorosa inchiesta della Procura della Repubblica di Barcellona, coordinata dal capo dell’ufficio, Emanuele Crescenti, che adesso vede ben diciassette indagati tra i vari dirigenti che si sono susseguiti negli anni e alcuni imprenditori che hanno lavorato in subappalto all’interno della struttura.
La Procura ha chiesto il loro rinvio a giudizio con le accuse di omicidio colpo e lesioni colpose - è il caso di un ottavo operaio, Alfonso Malafronte, che ha subito di recente «plurimi ispessimenti pleurici».
Oltre alle diciassette persone fisiche è indagata come persona giuridica anche la “Raffineria di Milazzo S.c.p.a.”, in persona del rappresentante legale Pietro Maugeri.
L’udienza preliminare per questa vicenda, dopo la richiesta di rinvio a giudizio siglata dal procuratore Emanuele Crescenti e dai suoi sostituti, è già fissata. Si terrà venerdì davanti al gup del Tribunale di Barcellona Salvatore Pugliese. È sarà sicuramente un confronto molto complesso tra le tesi dell’accusa, supportata da alcune perizie tecniche sul nesso di causalità tra il lavoro all’interno del complesso industriale e i decessi, e i difensori degli indagati.
Coinvolti nell’inchiesta sono quindi diciassette tra dirigenti della Raffineria e imprenditori dell’indotto: Franco Terrosi, al timone della raffineria tra il 1984 e il 1987; Napoleone Majuri, direttore nel 1982; Mario Del Tredici, responsabile per la sicurezza nel 1982; Vincenzo Russo, direttore dal 1985 al 1987; Francesco Zofrea, legale rappresentante dal 1988 al 1983; Salvatore Caltabiano, direttore dal 1992 al 1993; Marcello Rubini, direttore dal 1993 al 1994; Diego La Scala, responsabile per la sicurezza dal 1995 al 1996; Angelo Ferrari, legale rappresentante dal 1995 al 1996; Antonio Bucarelli, responsabile per la sicurezza nel 1996; Cristiano Raminella, legale rappresentante dal 2000 al 2003; Franco Scorretti, legale rappresentante dal 2003 al 2006; Alessandro Gilotti, legale rappresentante dal 2006 al 2010; Pasquale Palumbo, direttore dal 2004 al 2005; Renato Monelli, direttore dal 2005 al 2007; Lino Gamba, direttore dal 2007 al 2009; Daniela Trio, titolare della ditta Trio srl tra il 2004 e il 2010, impresa che ha gestito lavori in subappalto all’interno della Raffineria