Il Comune si “muove” per confiscare e demolire lo scheletro delle palazzine protagoniste dell’operazione “Oro Grigio”, sul torrente Trapani. Chiudendo, dunque, definitivamente una storia divenuta simbolo del sacco edilizio delle colline di Messina e degli intrecci tra politica e palazzinari che spesso ne hanno caratterizzato il dietro le quinte.
Lo spunto arriva dalla sentenza della Suprema Corte di Cassazione del 20 ottobre scorso, che riconobbe, tra le altre, le ragioni del Wwf, rappresentato nel processo dall’avv. Aurora Notarianni: «Il reato (...) è stato commesso proprio con la finalità di violare normative dirette alla tutela dell’ambiente e del territorio, e precisamente per realizzare una lottizzazione abusiva, in contrasto con la destinazione di zona stabilita negli strumenti di pianificazione urbanistica del territorio, così alterando il paesaggio della località interessata». E per questo ha disposto la confisca dei terreni e di ciò che vi è stato realizzato sopra.
L’8 maggio scorso il vicepresidente del Wwf Italia, Dante Caserta, ha inviato una nota al Comune di Messina, ripercorrendo i passaggi del procedimento penale ed in particolare la disposizione di «confisca dei terreni e delle opere interessati dalle attività di lottizzazione abusiva», invitando gli uffici di Palazzo Zanca «a porre in essere, secondo le rispettive competenze, tutte le attività necessarie all’acquisizione dei beni al patrimonio comunale ed alla demolizione delle due strutture a rustico realizzate».
Esattamente un mese dopo, l’8 giugno, il direttore del dipartimento Demanio - Patrimonio - Espropriazioni, Giovanni Di Leo, ha scritto al dipartimento Edilizia privata, chiedendo tutte le carte sulla vicenda. «Nella sentenza – scrive Di Leo – non risultano specificatamente riportati gli estremi catastali dei beni assoggettati a confisca, genericamente indicati come “terreni e opere interessati dalle attività di lottizzazione abusiva” e come “terreni e corpi di fabbrica di proprietà della Samm Costruzioni srl”». Ecco perché il dirigente chiede «un provvedimento nel quale risultino riportati, in un apposito elenco-prospetto, gli identificativi catastali e le relative consistenze dei terreni e dei manufatti edilizi di cui la sentenza della Cassazione ha decretato la confisca». Per scrivere la parola fine sulla storiaccia di “Oro Grigio”. E cancellare per sempre il più “rumoroso” degli abusi edilizi.
“Oro grigio” e la storia di un terreno che nel 1998 era considerato con «bassa densità edilizia» e per il quale otto anni dopo venne rilasciata, invece, una concessione per un complesso edilizio. Nel mezzo una storia di tangenti, di un comitato d’affari che intreccia imprenditoria, politica e burocrazia. Con un intermediario, «dominus dell’accordo», che tiene le fila e fa sì, coi suoi rapporti e agganci, che quella porzione di terreno diventi edificabile grazie ad uno dei famosi emendamenti che stravolsero il Piano regolatore di Messina. Nel maggio del 2015, in Appello, furono confermate le condanne a 4 anni e mezzo per l’avvocato “Pucci” Fortino (l’intermediario e “dominus”), l’ex presidente del consiglio comunale Umberto Bonanno (il politico), il funzionario comunale Antonino Ponzio (il burocrate), e rideterminate in 1 anno e 10 mesi le pene per i costruttori Giovanni Arlotta, Giovanni Magazzù e Antonio Smidile (con sospensione della pena). Condanne che il 20 ottobre del 2016, per Fortino, Bonanno, Ponzio e Arlotta, la Cassazione ha dichiarato prescritte.