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Omicidio La Boccetta, chiesti due ergastoli

Omicidio La Boccetta, chiesti due ergastoli

Gli addebiti sono pesantissimi e di conseguenza le richieste di condanna ne tengono conto. Poiché Giuseppe Pellegrino e Angelo Bonasera sono ritenuti tra i mandanti dell’omicidio di Francesco La Boccetta, il pubblico ministero ha sollecitato per entrambi la massima pena, ossia l’ergastolo.

Nessuno sconto da parte della dottoressa Maria Pellegrino, ieri mattina, nel corso dell’udienza in Corte d’assise, presieduta dal giudice Nunzio Trovato. Nella requisitoria, il magistrato ha ripercorso i passaggi salienti dell’assassinio consumato nel 2005, con una pistola calibro 7.65, lungo lo svincolo di San Filippo, a pochi passi dall’incrocio con la strada statale 114. Alla fine, rivolgendosi al collegio, il pm ha invocato il carcere a vita. Quindi, è toccato ai difensori dei due imputati prendere la parola. Così, gli avvocati Salvatore Silvestro, Alessandro Billè e Antonello Scordo hanno ribattuto alle accuse, fornendo una differente chiave di lettura su alcuni passaggi. L’udienza si è conclusa nella tarda serata di ieri e adesso si attende la sentenza, prevista il 21 giugno.

Pellegrino e Bonasera sono stati arrestati nel febbraio del 2016 dai carabinieri, undici anni dopo il fatto di sangue. I militari del Nucleo investigativo dell’Arma hanno notificato le ordinanze di custodia cautelare in quanto i due, immediatamente in seguito all’assassinio, erano stati indicati quali mandanti. C’è voluto del tempo per raccogliere prove in grado di dare sostanza alle dichiarazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia (Daniele Santovito, Salvatore Centorrino e Gaetano Barbera), che hanno contribuito a fare luce sull’omicidio di La Boccetta e non solo. L’agguato, a distanza di poco più di un mese, venne “vendicato” sul viale Europa con quello di Sergio Micalizzi (ritenuto uno degli esecutori materiali dell’agguato nella zona sud) e col ferimento di Angelo Saraceno, che si trovava in sua compagnia. A stretto giro maturò la “risposta”, a Santa Lucia sopra Contesse, dove venne freddato Roberto Idotta, schierato col sodalizio che aveva ordinato (in base alle risultanze investigative) di fare fuori Micalizzi.

Ma perché fu eliminato La Boccetta? A giudizio dell’accusa, aveva cominciato a far parlare di sé negli anni Ottanta, dopo essere stato uno dei luogotenenti di Luigi Sparacio. Successivamente, si era avvicinato anche al clan di Giacomino Spartà per poi abbracciare il gruppo di Pietro Trischitta, all’interno del quale aveva raggiunto una posizione di vertice. La decisione di ammazzarlo sarebbe stata presa nel carcere di Gazzi. Bisognava fargli pagare sia la presunta decisione di “tradire” il sodalizio che alcuni “sgarri”. Quell’accordo sarebbe stato preso all’unanimità per dimostrare a Trischitta, in quel momento sottoposto al “41 bis”, che l’omicidio era necessario e inevitabile «perché frutto della concorde volontà di tutti i suoi luogotenenti». Per la Procura, l’intesa sarebbe stata adottata da Marcello D’Arrigo, Salvatore Centorrino, Daniele Santovito, Angelo Bonasera e Giuseppe Pellegrino. Per l’omicidio La Boccetta (che nel 2005 fu affiancato da due sicari su una moto di grossa cilindrata, mentre rientrava in auto in una Casa di accoglienza di Mili dove stava scontando i domiciliari) è stato inflitto l’ergastolo con sentenze irrevocabili a Gaetano Barbera (ritenuto uno degli autori), Marcello D’Arrigo e Daniele Santovito, individuati invece come gli altri mandanti. Analogo ruolo, quest’ultimo, lo avrebbe ricoperto Salvatore Centorrino, condannato a 12 anni.

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