Prima un pizzico di storia. Questa è Messina, prima del terremoto. In piazza Santa Maria La Porta, oggi largo Seguenza, facevano bella mostra di sé le fontane dei quattro cavallucci. Vasche angolari, con i loro caratteristici putti che cavalcavano i cavallucci.
L’immagine, rarissima, è un gentile omaggio dell’architetto storico Nino Principato. Le fontane furono realizzate nel 1642, l’autore era il catanese Giovanni Battista Marino. Dopo il terremoto, dei cavallucci si sono perse le tracce. Le fontane sono state parzialmente salvate e una delle vasche è stata sistemata in Largo San Giacomo.
Conoscerne la storia e vedere le stampe di una volta, probabilmente, rende ancor più inaccettabili le immagini di oggi.
Questa è la fontana di Largo San Giacomo. Alle spalle di piazza Duomo. Sotto gli occhi dei turisti. Venti giorni fa, l’amministrazione raccontava con orgoglio di averla riattivata, insieme ad altre fontane della città. La gioia è durata poco. L’acqua che ieri zampillava, oggi straborda. E l’immagine che ne viene fuori è quella di una città decadente. Anche più di quanto non lo sia, anche più di quella che avrebbe potuto trasmettere una fontana, semplicemente, spenta.
Una nota a margine la meritano gli immancabili incivili. Perché se è vero che la fontana non funziona, è anche vero che buttarci dentro le bottiglie di birra non è comunque un gesto da persone intelligenti. Pochi metri più in là, ci sono anche gli scavi archeologici che avevano permesso di scoprire i resti di quella che potrebbe essere l’antica chiesa di San Giacomo Apostolo. Anche quelli, presi di mira dagli incivili. Anche quelli, salvo interventi di privati, rimasti abbandonati al proprio destino.