«Condividiamo il dolore, il dramma della famiglia di Serena, che è anche il nostro. Il mistero della sua scomparsa, di un’esistenza conclusa troppo presto ci lascia sgomenti, suscita la più viva solidarietà e tanti interrogativi si affollano, abitano nel nostro cuore».
Così padre Nunzio Triglia il parroco di Mili ha iniziato ieri l’omelia del funerale della studentessa 14enne morta sotto un treno il 25 maggio scorso in circostanze ancora misteriose, facendo scorrere un primo flusso di riflessione attraverso quel velo di strazio che straripava dal silenzio e stringeva il cuore delle oltre 800 persone assiepate dentro e fuori dalla chiesa di San Paolino Vescovo, nel cuore della Nazionale. Al contempo, il pastore del villaggio ha provato a dare subito a papà Francesco e mamma Angela, piegati in due dal dolore eppure aperti all’abbraccio di tutti, la risposta della fede: «Il dolore di questa famiglia – ha riflettuto – è simile all’invocazione sulla Croce, a quel “Mio Dio perché mi hai abbandonato” con cui Gesù esprime disperazione e al tempo stesso abbandono e fiducia in Dio Padre. Perché Cristo ha condiviso fino in fondo la nostra condizione umana e la nostra angoscia più profonda, perfino il tormento della lontananza da Dio». Sono così ricorsi all’esempio più alto, ieri, padre Triglia e gli altri sacerdoti chiamati a concelebrare le esequie della alunna dell’Ainis che – per ragioni ancora oscure – si trovava sui binari al momento in cui il treno regionale passava a poco meno di 140 chilometri orari.
Un funerale davvero tra i più difficili anche per chi sa offrire difficili parole di consolazione: perché al centro c’è sempre «la sofferenza profonda, incontenibile e insondabile di chi ha perso così una figlia» e a cui parla solo una speranza: «la certezza che in Lui ogni cuore umano trova la pace, qualunque sia stato il percorso vissuto. Come comunità, siamo la voce che prega per Serena, e nel suo abbraccio con Dio noi ce la immaginiamo». Alle parole del parroco hanno fatto eco i canti struggenti dei ragazzi del coro di S. Paolino (»Abbracciami Dio rifugio dell’anima...») e le parole lette all’altare a nome della classe di Serena – la I B Liceo Scienze umane – dalle sue compagne Giulia e Sofia: «Nessuno lo avrebbe mai immaginato, ci sembra ancora di vivere in un brutto sogno, ci conoscevamo ancora poco ma siamo molto addolorati. Ti auguriamo di trovare la pace per sempre, la tua classe...».
In chiesa c’erano il preside Parisi, i professori, il sindaco Accorinti con la fascia tricolore. L’uscita della bara bianca s’è compiuta tra due ali di folla, quindi il corteo funebre ha seguito a piedi la bara bianca lungo la vecchia Nazionale per poi salire verso la statale e, infine, raggiungere in auto il cimitero di Larderia. E quando la bara di Serena è stata adagiata nella vettura metallizzata è esploso il grido che ha strappato l’anima a tutti, quello di una piccola e dolce nonna con gli occhiali. Era la ribellione totale, radicale, dell’amore straziato: «No... io questa morte non la accetto».
Caricamento commenti
Commenta la notizia