Un’ispezione da parte dell’assessorato regionale agli Enti locali. Il caso delle otto sedute consecutive di consiglio comunali chiusesi prima ancor di cominciare, per la voluta mancanza di numero legale, verrà affrontato a Palermo. A preannunziare la richiesta dell’invio degli ispettori è stata la Cgil, con la segretaria generale della Funzione pubblica Clarà Crocè. Si vuol capire se dietro l’atteggiamento ostruzionistico della maggioranza dei consiglieri vi siano quelle “gravi e persistenti violazioni di legge” che sono tra le ipotesi contemplate determinanti il possibile scioglimento dell’assemblea elettiva. È evidente che la legge protegge l’autonomia degli enti locali, ma ove le violazioni dovessero ripercuotersi sui diritti soggettivi dei cittadini, allora è dovere delle autorità competenti (lo Stato e la Regione siciliana in virtù del suo Statuto autonomo) intervenire a tutela degli interessi dei singoli e della collettività.
È inutile girarci intorno: il clima di contrapposizione frontale tra amministrazione e consiglio comunale ha compromesso la funzionalità dell’ente locale. Da febbraio ad oggi l’Aula di Palazzo Zanca non fa altro che rinviare il voto sulla delibera riguardante l’affidamento del servizio alla nuova società destinata a gestire l’intero settore dei rifiuti. Ma questo rinvio, di fatto, ha provocato la paralisi totale di qualsiasi altra attività, perchè non si è avuto finora il coraggio di “bocciare” l’atto e di rispedirlo al mittente (alla giunta), decisione azzardata e anche assai contradditoria – dal momento che la società MessinaServizi è stata istituita per voto dello stesso consiglio comunale, che ha creato il contenitore e ora si rifiuta di riempirlo di contenuti... – ma che avrebbe avuto quanto meno il pregio della chiarezza.
La verità è che si è voluto scientificamente far trascorre il tempo e che adesso, come abbiamo raccontato in questi giorni, si è arrivati al punto in cui il controverso percorso immaginato dall’amministrazione Accorinti rischia in ogni caso di essere inficiato, se non vanificato del tutto. È un pericolosissimo camminare sul filo del burrone ed è difficile stabilire se si tratti o meno di un rischio “calcolato” o semplicemente di un “gioco al massacro”, le cui conseguenze alla fine sono destinate a scaricarsi sulla pelle dei lavoratori (i 600 dipendenti di MessinAmbiente) e dei cittadini (utenti e contribuenti, il popolo dei Tar(i)tassati).
È utile, a tal proposito, ricordare i passaggi che dovranno essere consumati nelle prossime settimane. Il 30 giugno scade l’autorizzazione a MessinAmbiente, che non potrà più operare sul territorio. Per quella data è impossibile che la MessinaServizi sia pronta. Potremmo avere, dunque, un gravissimo vuoto nella gestione del servizio. Il 2 luglio il Tribunale attende il piano concordatario – l’unica strada possibile per scongiurare la bancarotta di MessinAmbiente – che non può prescindere dalla provvista da 30 milioni che il consiglio comunale dovrà autorizzare. Delle due l’una: o Giunta e Consiglio troveranno un percorso per concludere nel modo più civile (senza aggiungere ulteriori danni a quelli già subiti dai messinesi) l’anno che resta del mandato avviato nel 2013 oppure bisognerà che qualcuno dall’esterno intervenga, anche a costo di commissariare la città.