E' in dirittura d'arrivo la nomina del nuovo presidente della Conferenza Episcopale Italiana. I vescovi hanno scelto la loro terna e ora la parola è passata al Papa. La prima votazione, decisa dal ballottaggio, ha premiato il favorito della vigilia: il cardinale di Perugia Gualtiero Bassetti. Poi sono stati eletti monsignor Franco Giulio Brambilla, vescovo di Novara, ala seconda votazione con 115 preferenze, e il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, alla terza con 126: nomi che erano comunque circolati alla vigilia e tra le figure dell'episcopato maggiormente in primo piano. Non entra fra i tre eletti invece il vescovo di Fiesole, monsignor Mario Meini, che era sostenuto dal segretario generale monsignor Nunzio Galantino. Segnale? Sconfitta? Si vedrà dalle prime scelte del nuovo presidente per il quale il segretario comunque deve essere il braccio destro. La nomina del Papa potrebbe arrivare domani e in pole position resta Bassetti, uno dei vescovi più vicini a Francesco. Ma difficile fare delle previsioni nette perché anche gli altri due nomi sono di grande peso nella Chiesa: Montenegro, presidente di Caritas italiana, arriva dalla Sicilia dei migranti con una diocesi che abbraccia Lampedusa e fu lui ad accompagnare il Papa nella sua prima visita pastorale proprio nell'isola siciliana. Brambilla, il più giovane dei tre, è un apprezzato teologo ed è soprattutto il vice presidente della Cei per tutto il Nord Italia. Ma non solo attenzione alla nomina. Oggi c'è stato anche il congedo del presidente uscente, il cardinale Angelo Bagnasco. Ha parlato di famiglia, giovani, persone senza lavoro, poveri, migranti. Uno sguardo all'Italia provata dalla crisi e all'Europa che ha perso la sua identità. Un continente in cui oggi sembrano avere la meglio i populismi, che non vanno però snobbati perché raccolgono le domande e il disagio della gente. L'arcivescovo di Genova ha ammesso che sulle emergenze del Paese "è voce, la nostra, che resta spesso inascoltata, proprio come quella dei profeti di un tempo, ma noi continueremo a parlare". Bagnasco ha lasciato così, con la sua ultima relazione all'assemblea, non senza qualche attimo di commozione, la guida della Cei dopo dieci anni e tre mesi. Ora la sua azione sarà dedicata alla Ccee, l'organismo che rappresenta le conferenze episcopali europee, della quale ha assunto da diversi mesi la presidenza. Proprio guardando all'Europa ha messo in guardia rispetto al "marcato populismo" che si fa "interprete di una democrazia solo apparente". Ma il populismo - ha avvisato - "non può essere snobbato" perché "raccoglie sentimenti diffusi che non nascono sempre da preconcetti, ma da disagi reali e, a volte, pure gravi". "Sono urgenti politiche familiari" e risorse perché "non sostenere la famiglia è suicida", è stato ancora l'appello nel quale ha fatto riferimento anche alla "caduta libera della demografia". Un passaggio sui giovani, sugli ultimi e anche su alcune scelte della politica, come il testamento biologico, sulla quale ha rimarcato la "distanza". Sul lavoro - uno dei temi che sempre è stato a lui molto caro - ha ricordato che "è responsabilità primaria non delegabile di creare le condizioni di possibilità e di incentivare in ogni modo la geniale capacità dei nostri lavoratori".
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