Ci sono almeno un paio di casi che, più di altri, rendono l’idea di quanto quella dell’occupazione suolo continui ad essere una vera e propria palude burocratica. Alla quale Palazzo Zanca non riesce da anni a dare una soluzione. Il primo è il caso di un esercente della via Tommaso Cannizzaro, titolare di un ritrovo con tavolini e sedie sul marciapiede. Ad inizio anno chiede il rinnovo della concessione dell’occupazione suolo, scaduta. Paga quanto c’è da pagare e attende. È evidente come in questi casi ogni giorno sia prezioso, vista l’altissima concorrenza. Sembrerebbe un passaggio scontato: non cambiano le condizioni, il rinnovo dovrebbe essere automatico. E invece al Comune sono serviti quattro mesi per dire: sì, puoi continuare ad occupare il suolo con sedie e tavoli così come hai fatto negli ultimi anni. Altro caso. Siamo in via Primo Settembre, un altro ritrovo chiede l’autorizzazione a piazzare, anche qui, sedie e tavolini nell’area pedonale voluta dal Comune. Lo fa non oggi, non ieri, non un mese fa, ma il 26 maggio 2016. Quasi un anno dopo, quell’autorizzazione ancora non c’è, complici una serie di risposte farraginose, tra le quali la prima fa specie più delle altre: l’area non è pedonale (!).
E il Comune cosa fa? In quattro anni l’Amministrazione ha cambiato cinque assessori al Patrimonio (Cucinotta, Signorino, Pino, Eller e ora Cuzzola), due dirigenti (Castronovo e Di Leo), ma non è riuscita a mettere mani ad una proposta modificativa del regolamento sull’occupazione suolo. Salvo “destarsi” pochi giorni fa con un atto di indirizzo approvato dalla Giunta, su proposta dell’assessore Vincenzo Cuzzola. Viene dato l’input al dirigente, entro il 30 giugno, di accelerare sulla riscossione della Cosap, «soprattutto avendo riguardo ai canoni più risalenti, a maggior rischio di prescrizione». Cuzzola chiede anche di individuare «un operatore economico che possa procedere all’attività di riscossione coattiva». Il tutto con «urgenza».
Secondo Benny Bonaffini, componente della giunta nazionale Fiepet-Confesercenti, «il legittimo recupero dei canoni arretrati va accompagnato da una urgente ed improrogabile riorganizzazione degli uffici e delle procedure del Patrimonio. Infatti non è ammissibile che le richieste di nuova occupazione, ed i rinnovi, non ottengano risposte immediate con grave danno alle casse comunali ed a quelle dei commercianti. Tali carenze sono il principale motivo per cui alla riduzione sperimentale del 40% del canone dell’occupazione del suolo pubblico non sta corrispondendo un aumento degli incassi: infatti per aumentare gli incassi devono aumentare le autorizzazioni!». Da qui la modifica in “embrione” in consiglio comunale: l’abbattimento del 40%, non sperimentale ma definitivo, del canone Cosap. Che a Messina è altissimo, quanto Roma e Milano. E il regolamento resta sempre quello.