Da fortificazione seicentesca, fra le più belle e meglio strutturate d’Europa, ad abitazione abusiva, a nascondiglio privato di artisti di strada che ne hanno usato le mura come tele, a rifugio improvvisato per consumare ogni genere di sostanza, a letamaio, infine. Tanti sono gli usi o, per meglio dire, gli abusi, che, giorno dopo giorno, da oltre cento anni, vengono compiuti ai danni di una parte della costa messinese più suggestiva della città, e ai danni, soprattutto, di quel che resta della Real Cittadella. A prestarsi bene allo scempio che, anno dopo anno, vige incontrastato lì, l’ubicazione e la conformazione semicircolare dei vecchi cunicoli, tunnel e gallerie, da cui, un tempo, le sentinelle reali difendevano e proteggevano la nostra città e ciò che resta, poi, della speculazione edilizia che ha visto disporre fabbricati in cemento armato e costruzioni di ogni dimensione e forma, ormai in rovina. La dovizia di particolari con cui le persone che qui risiedono stabilmente hanno allestito indisturbate le “abitazioni” ricavate proprio all’interno delle mura storiche, fa pensare che, i messinesi abbiano non soltanto cancellato la propria storia ma deciso di rinunciare anche al rispetto della legalità. Coperte dalle erbacce ormai alte e insidiose, protette dai branchi di cani agguerriti che circondano i loro giardini improvvisati, indisturbate e abituate anche a sopperire alla mancanza di corrente elettrica e di acqua corrente, le famiglie che qui ormai da anni abitano hanno fondato e creato un vero e proprio micro quartiere multi etnico. Chi perché non aveva scelta, chi perché non vuole godere degli alloggi notturni messi a disposizione in città, chi perché ha scelto il vagabondaggio come stile di vita, ognuno ha una storia. Discorso a parte, invece, quello delle famiglie che, all’interno dei palazzi di recente costruzione, situati alla fine della Real Cittadella, a limite più a nord del perimetro, sono riuscite a raggirare l’ostacolo dell’illuminazione, riuscendo a impiantarsi lì stabilmente senza rinunciare alle comodità che le abitazioni normali offrono: dalla parabola per la televisione, al cortile interno – ricavato quasi per prendersene beffa, proprio nella piazza in cui si erge la stele dedicata a Gennaro Fergola e ai combattenti che nel 1861 difesero la Real cittadella – a pannelli solari, a serbatoi e persino a cassette della posta con nome e cognome in vista e fresco di stampa. Due diverse situazioni, quindi, dall’abusivismo alla povertà, che danno comunque come esito tutta la desolazione che promana dai fantasmi di un passato che Messina deve pur sempre aver avuto. Non c’è alcuna forma di integrazione fra le due tipologie di abitanti: chi ha ricreato la propria abitazione secondo i canoni normali, è ben distante dai poveri che, in un unico cunicolo, hanno concentrato camera da letto, cucina, bagno. I primi, spavaldi, difendono il territorio. I secondi, disillusi, auspicano di non dover mai rinunciare a quello che per loro è l’angolo di paradiso più caro che hanno.